22/01/2024 di Gloria Callarelli

Linee guida Oms su transizione per minori. Il pediatra Bonini: «Rischi troppo alti di conseguenze irreversibili»

L’OMS discuterà a febbraio le linee guida sulla transizione di genere nei bambini. All'interno della commissione che predisporrà queste linee guida ci sono molte persone transgender e attivisti Lgbt. C'è il rischio concreto – se non scontato - che vengano fatte linee guida che si basino sulle teorie affermative. Ovvero se qualche bambino ha un atteggiamento o una confusione, anche leggerissima, sul “sentirsi” dell’altro sesso, si procede direttamente con le terapie di cambio di sesso e dunque con l’iter di transizione. Abbiamo chiesto al dottor Giovanni Bonini, medico pediatra, un suo parere su questa discussione e più in generale sulla teoria gender.

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Dottor Bonini cosa ne pensa?

«Credo che si debba distinguere in maniera rigorosa quella che è la disforia di genere di un soggetto adulto e sessualmente attivo, capace quindi di scegliere ed agire autonomamente, da quello che è un soggetto in età pediatrica. L’ età pediatrica viene definita anche età evolutiva e secondo le organizzazioni scientifiche arriva a 18 anni. Il concetto di età evolutiva rende bene evidente quanto non solo sul piano fisico, ma anche psichico il lattante, bambino, preadolescente e adolescente cambi nel corso di questi 18 anni sia sul piano fisico, psichico, emotivo e relazionale. Questo deve spingere alla riflessione di come le scelte per il suo futuro debbano essere sempre attentamente ponderate, soprattutto quando implicano cambiamenti del corpo ma anche della psiche. In riferimento all’uso di bloccanti dello sviluppo sessuale, che vengono proposti nei preadolescenti con disforia di genere in linea con un approccio affermativo alla loro condizione, dovremmo usare ancor più un atteggiamento critico, proprio perché parliamo di soggetti in età evolutiva, e quanto un bambino preadolescente può vivere, sentire, desiderare oggi, può non valere più fra 1, 2, 3 o tanti anni. Psiche e corpo sono strettamente connessi, e pensare di usare tecniche che bloccano il naturale sviluppo e maturazione sessuale del bambino può avere un peso irreversibile sul suo futuro».

Cosa dice la scienza?

«In campo scientifico, là dove non vi è una documentata evidenza di efficacia, deve valere, specie nel bambino, il principio di precauzione. Ad oggi, le terapie bloccanti lo sviluppo sessuale, non hanno una evidenze scientifiche di efficacia, e non ci si può basare sui dati esperienziali di personaggi pubblici che in televisione raccontano di quanto si sentissero “prigionieri di un corpo non loro”, perché comunque vi sono altrettante esperienze di persone che si sono amaramente pentite di essere ricorse a queste pratiche».

Dunque cosa bisognerebbe fare?

«Si dovrebbe invece riflettere di come vi sia stato un picco di crescita di casi di disforia di genere, in questi ultimi 10-15 anni, e potremmo chiamare così in causa sia modelli culturali/sociali che hanno favorito il cosiddetto contagio sociale, facendo impennare il fenomeno, ma anche la politicizzazione del fenomeno, da parte dei movimenti per i diritti civili Lgbtq, che hanno limitato un libero dibattito tacciando di bigottismo chi critica questo fenomeno. Allo stato attuale nazioni europee come Francia, Inghilterra e Paesi Scandinavi, ma anche gli Stati Uniti, stanno rivedendo i loro protocolli terapeutici proprio per la pericolosità e irreversibilità della chirurgia e delle terapie affermative».

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