12/07/2021 di Manuela Antonacci

L’Europa contro l'Ungheria: Giubilei: «Su legge anti propaganda Lgbt ingerenza indebita»

"Se l'Ungheria non aggiusterà il tiro la Commissione Ue userà i poteri ad essa conferiti in qualità di garante dei trattati. Noi ricorriamo a questi poteri a prescindere dallo Stato membro".  Questo, il grido di guerra che Ursula von der Leyen ha lanciato contro il governo di Budapest, reo di aver approvato leggi definite “anti-lgbt” per le quali la Commissione europea, si accinge ad aprire una procedura d'infrazione, dichiarandosi disposta anche pronta a bloccare il suo Recovery plan.  Il riferimento è alla legge, approvata dal parlamento ungherese che vieta la promozione - in qualsiasi forma -  dell'omosessualità e della transessualità ai minori di 18 anni. Un divieto esteso anche ai programmi educativi o pubblicità pro Lgbt e che non esclude nemmeno i libri, gli spettacoli e le serie televisive che normalizzano l'omosessualità o il transgenderismo saranno "vietate ai minori". Tra i motivi della legge c'è la lotta alla pedofilia. Abbiamo voluto parlarne con Francesco Giubilei, scrittore e saggista, fondatore della casa editrice Giubilei-Regnani.

 

La sanzione che della Commissione europea riguarda una legge nazionale. Quanto è opportuno questo intervento?

«Secondo me la questione è capire, fino a che punto, dal punto di vista giuridico, in questo caso, ma anche in altri casi, penso anche quanto avvenuto nel novembre dello scorso anno, in occasione dell’approvazione del Recovery Fund quando l’Ungheria e la Polonia minacciarono di utilizzare il diritto di veto, perché l’unione europea voleva vincolare l’erogazione dei fondi al tema dello stato di diritto.  Ora noi stiamo parlando di questa legge che viene contestata dal parlamento ungherese, ma la questione è più profonda, perché oggi stiamo parlando dell’Ungheria, domani stiamo parlando della Spagna, dell’Italia ecc. Il punto è: l’unione europea può intervenire su una legge che è approvata da un parlamento nazionale? Quindi il problema è anche sotto l’aspetto giuridico».

Peraltro, come diceva Lei, non parliamo di una legge di iniziativa governativa (quindi, del solo Orban) ma di iniziativa parlamentare, che è stata votata a stragrande maggioranza, dal Parlamento votato dagli ungheresi. Quindi possiamo parlare di una inopportuna ingerenza?

«Secondo me quello che è fondamentale da dire, in questo caso, è che dobbiamo rispettare le volontà dei cittadini, nel Parlamento. Nel senso che in Ungheria c’è un governo che (piaccia o non piaccia) è stato riconfermato dai cittadini ungheresi, i quali hanno concesso un mandato democratico ai cittadini, di agire sui temi della famiglia, che sono di questo stampo. E quindi bisogna rispettare quella che è l’attività del governo ungherese. Il problema è che, ad oggi, non sembra che vi sia un rispetto nei confronti del governo ungherese e nemmeno dei cittadini ungheresi. Nel momento in cui si va a contestare questa modalità ad Orban, nel momento in cui vengono fatte affermazioni forti, sull’Ungheria, non si stanno rispettando i cittadini ungheresi, non si sta capendo quello che sta accadendo in Polonia e in Europa, questo è assolutamente sbagliato».

 

 

 

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