02/05/2019

L’età del padre significa molto per il futuro (anche biologico) dei figli...

In un mondo in cui il ‘politicamente corretto’ vorrebbe imporci l’idea della cosificazione dei figli, semplici frutti di desideri da cogliersi quando si vuole, un recente studio evidenzia le conseguenze di questa stravagante idea.

L’età in cui si ha il primo figlio nei Paesi sviluppati è stata ritardata negli ultimi quattro decenni e diversi ricercatori hanno dimostrato gli effetti che questo ritardo di paternità può avere sui neonati. Molte ricerche finora hanno riguardato l’incidenza del rapporto tra età della madre e figli, dopo aver scoperto che per i bambini nati da madri più anziane potrebbero verificarsi alcuni effetti collaterali, come la perdita del feto, difetti di nascita e nascite premature. L’evidenza crescente riguarda come l’invecchiamento del padre può influenzare la salute dei nati, probabilmente a causa di cambiamenti epigenetici nello sperma. Un recente articolo valuta la possibile associazione tra età paterna e salute dei neonati negli Stati Uniti, utilizzando i dati di 40.529.905 neonati tra il 2007 e il 2016, rilevando che l’età paterna è associata a più alti tassi di diabete, parti prematuri, basso peso alla nascita e morbilità neonatale. Anche se è ancora difficile attribuire alla sola età del padre queste conseguenze, tuttavia non lo si può escludere per la prima volta.

Sembra infatti che l’età del padre possa produrre questi ‘danni’ al feto per via delle variazioni del Dna degli spermatozoi, anche se per altri motivi essi potrebbero essere correlati alle abitudini negative del padre che potrebbero peggiorare con l’età, come uso eccessivo di tabacco e alcol, obesità, malattie croniche e disturbi mentali. In ogni caso gli autori della ricerca concludono che il 18% degli effetti avversi perinatali rilevati nell’ultimo decennio potrebbe essere attribuibile al padre che ha 45 anni o più. (cfr. Association of paternal age with perinatal outcomes between 2007 and 2016 in the United States: population based cohort study) . I bambini sono un dono, non una cosa, pensarli come oggetti è semplicemente un ‘non senso’, per di più pericoloso.

Luca Volontè

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