Come il recente caso “Beatriz”, in Salvador, (che si è poi rivelato una montatura), così una triste storia di violenza domestica, in Cile, sta agitando lo sdegno delle lobby pro morte.
La triste vicenda della bambina di 11 anni violentata e messa incinta dal patrigno, in Cile, sta cominciando a girare nel web per creare l’ennesimo “caso umano” che richiederebbe l’aborto libero subito e gratuito.
In Cile, come in molti altri paesi del Sud America, infatti, l’aborto è illegale. Ovviamente la risonanza mass mediatica della notizia perderà senz’altro di vista alcune verità che non fa comodo far sapere, e che la Redazione ha dedotto dalla lettura della stampa cilena.
1)Né la nonna della bambina, che ha denunciato il reato, né la famiglia hanno mai chiesto l’aborto per la ragazzina.
2) Tra la povera gente, in Cile, purtroppo il problema annoso e grave, ma che non si risolve con l’aborto (anzi: l’aborto aiuta a coprire e a nascondere gli abusi) è quello delle violenze e degli abusi tra le mura domenstiche.
3) Il popolo cileno, e soprattutto la gente semplice, è sinceramente contro l’aborto, sempre: anche in questi casi – purtroppo non rari – di violenza, il bambino è sempre una benedizione.
Questo è dimostrato dal fatto che, dopo la dittatura di Pinochet, si sono succeduti governi di sinistra e di destra e nessuno ha mai voluto liberalizzare l’aborto, perché è il popolo cileno che non lo vuole!
L’elite radical chic, l’alta borghesia politically correct, anche in Cile, tenta di spacciare per “guerra del popolo” la battaglia per la liberalizzazione dell’aborto che interessa solo alle lobby anti nataliste, e che sono particolarmente avvelenate contro i sud americani che ancora sono prevalentemente pro vita.
di Francesca Romana Poleggi
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Fonte: Noticias Terra