10/03/2023 di Fabrizio Cannone

Le femministe paladine dei diritti? Ecco come discriminano

Sulle contraddizioni storiche del femminismo si potrebbe scrivere un libro. Da anni, infatti, le neo-femministe e le trans-femministe – che si auto proclamano paladine delle libertà, dei diritti, dell’accoglienza e della non-discriminazione – sono in realtà le fautrici di immoralità, blasfemie e insulti non solo ai credenti ma anche, in generale, al buon gusto e al decoro.

In occasione dello scorso 8 marzo, come ha notato Marco Leardi su Il Giornale, il corteo milanese di “Non una di meno” – in piazza per la Giornata Internazionale della Donna - si è trasformato un una “kermesse di blasfemia”.

«Se c'era un modo per degradare la festa della donna - scrive Leardi - eccolo interpretato. Anzi, ostentato». In una maniera, tra l’altro, del tutto gratuita e pretestuosa, incivile e provocatoria, perché da decenni la Chiesa e i credenti (si veda, tanto per fare un esempio, la Lettera alle Donne di San Giovanni Paolo II) si associano alla Giornata della Donna dell’8 marzo, promuovendo numerose iniziative.

Un cartellone del corteo che voleva essere “simpatico” recitava così: «Fuori i preti dalle nostre scuole e dalle nostre mutande». Ma le trans-femministe non sono proprietarie di scuole, e del resto è normale che i rappresentanti delle religioni (sacerdoti, pastori, rabbini e imam) dicano la loro anche sulle delicate questioni di etica sessuale.

Uno stendardo piuttosto colorato, poi, rappresentava l’organo genitale femminile, disegnato però in modo tale che sembrasse raffigurare l’immagine della Madonna, una delle figure più celebrate dai cristiani di tutte le confessioni e venerata addirittura anche dall’Islam. Quello che era scritto sullo stendardo è talmente becero e indecente che non vogliamo dargli in questa sede né risalto ne pubblicità. Almeno noi, infatti, siamo attenti a non urtare o offendere la sensibilità di chi ci legge. E del resto ci si chiede come sia possibile che nessun esponente delle forze dell’ordine abbia avuto qualcosa da eccepire, a proposito di buon gusto.

L’oltraggio al pudore (articoli 527-538 del codice penale), infatti, esiste anche se questi ambienti “spudorati” vorrebbero cancellarlo. E l’articolo 724 recita: «Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità [o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato], è punito con la sanzione amministrativa da euro 51 a euro 309».

La protesta più importante, almeno a livello politico, è arrivata da Fratelli d’Italia che, tramite i social, ha dichiarato: «La festa della donna non è blasfemia, volgarità e attacco allo Stato», giudicando il corteo milanese pieno di striscioni e immagini «offensive e di cattivo gusto».

Un’ultima considerazione, come detto prima: si può anche essere laici e non credenti, ma la contraddizione balza agli occhi. Come si fa, infatti, ad ergersi a “paladine delle donne” e poi insultare milioni di donne credenti? Le femministe che manifestano, a questo punto, dovrebbe togliersi la maschera e farsi vedere per ciò che sono realmente e per ciò che davvero vogliono:  sentirsi protagoniste a suon di odio, insulti, offese e blasfemie, non portando nulla di buono né alla società né tantomeno alle donne.

 

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