27/08/2013

L’aborto non è la risposta per eliminare la mortalità delle partorienti in Africa

Come abbiamo potuto vedere, ultimamente l’attenzione dei mezzi di comunicazione è stata incentrata sulla nascita di un solo bambino: il Royal Baby.
In concomitanza con l’evento, d’altra parte, Steve Murigi, al sito CNN.com, ricorda al mondo che centinaia di donne e bambini muoiono ogni giorno durante il parto, ” e come queste vite potrebbero essere facilmente salvate”. Negli Stati Uniti e in altri paesi progrediti, i sostenitori della “scelta” e della “salute della donna” potrebbero probabilmente prospettare come soluzione a questo problema un’ulteriore incentivazione del’aborto. Ma, piuttosto che rappresentare i contorni di quello che è il business americano degli aborti, questo articolo intende esaminare e sostenere l’assistenza medica quale reale metodo per salvare la vita, e illustrare soluzioni pratiche per un aiuto concreto alla precaria condizione delle madri.
“Ogni anno in Africa, nel sud del Sahara, 162.000 madri (440 ogni giorno) muoiono in maniera del tutto evitabile a causa di complicazioni durante la gravidanza ed il parto: in termini statistici, quella cifra rappresenta uno sconvolgente 56 % del totale. Per una donna africana dare la vita è uno degli eventi più naturali, ma è anche, paradossalmente, tra i più pericolosi. Come conseguenza, ogni anno si conclude con un milione di bambini africani lasciati senza una madre. “Molte di queste morti sono evitabili, e pure non viene fatto abbastanza affinché siano evitate”.
A leggere queste cifre non si può non rimanere profondamente turbati. Murigi fa riferimento a delle modalità di cura per le puerpere e per le partorienti comuni nella regione, ma che vengono considerate dalle elites americane AMC e HBO quasi come una scena post-apocalittica. Murigi riferisce che nel sud del Sahara la vita del bambino e della madre è frequentemente messa a rischio da problemi basilari quali: trasporti inadeguati o assenti, diffusa carenza di personale medico addestrato, ospedali “così al di sotto degli standard comunemente accettati, che le madri devono dormire sul pavimento dopo il parto”, assenza di un’educazione prenatale e postnatale, e parti eseguiti “ usando la luce del telefono cellulare e sacchetti di plastica come guanti”. Infatti, da ciò si può facilmente capire quante “semplici” difficoltà ancora esistono nel 21° secolo.
Noi consigliamo vivamente la lettura dell’intero articolo di Murigi: “ Festeggiate il royal baby, ma ricordate che il parto può anche uccidere”, e consigliamo di fare attenzione alle possibili soluzioni che possano risolvere questa crisi attuale ormai sopraggiunta. La maggior parte di queste terribili mancanze potrebbe essere facilmente risolta attraverso il volontariato, come procurare istruzione medica e personale adeguato di sostegno all’equipe medica professionale, costruire infrastrutture e fornire provviste. Un lettore attento non noterà un solo riferimento all’ ”aborto” come mezzo per prevenire le morti di queste madri durante il parto. La soluzione inconfutabile è quella di prendersi cura di entrambi, madre e bambino.
Intanto, in un paese progredito come gli USA, 788 medici professionisti dedicano la loro attività per procurare aborti; ciò vuol dire che solo nella nazione americana ci sono 1,79 “dottori” per ogni singola donna che muore ogni giorno nel sud del Sahara per mancanza di personale medico preparato, i quali procurano aborti mentre potrebbero salvare delle vite altrove.
Planned Parenthood, una società commerciale frequentemente spacciata per “associazione a difesa della salute della donna”, porta a compimento 915 aborti ogni singolo giorno solo negli USA – intermini statistici, ciò significa 2,08 volte il tasso di mortalità giornaliero del “terzo mondo”.  Giova in questo senso ricordare che, nel solo biennio 2011-2012, Planned Parenthood ha presentato un bilancio nel quale son rintracciabili utili pari 87,4 milioni di dollari. Viene da chiedersi, alla luce di quanto detto più sopra, come in Planned Parenthood possano orgogliosamente rivendicare di avere “più di sette milioni di attivisti, sostenitori e donatori”.
I sostenitori dell’aborto affermano che, mediamente, l’aborto è più “sicuro” del parto, ma allora perché non si mobilitano per rendere il parto almeno altrettanto sicuro se non ancor più? Se costoro decidessero di dedicarsi concretamente a salvare vite – invece di sostenere il business degli aborti – pensate quali e quante migliorie potrebbero garantire in merito ai  tassi di mortalità delle partorienti nel mondo.
Sfortunatamente, i difensori dell’aborto che hanno delle vedute ristrette, ignorano quanto semplice sia la soluzione in grado di salvare ogni giorno 440 donne dalla morte da parto. Eppure, essi si ostinano a vedere solamente un mercato emergente anteponendo il profitto e l’ideologia proprio a quell’assistenza sanitaria, unicamente per mezzo della quale si potrebbe tentare di salvar due vite anziché una.

Traduzione a cura di Veronica Palladino

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da Lifenews in lingua inglese

di Jon Russell

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