26/04/2023 di Stefano Martinolli

La vergogna della contraccezione gratis, ma a spese dei contribuenti, e dei farmaci veramente indispensabili a pagamento

E’ di questi giorni la notizia che il Comitato prezzi e rimborsi (Cpr) dell’AIFA ha deciso di rendere gratuita la pillola anticoncezionale per tutte le donne, non solo per quelle di età superiore ai 25 anni. Il costo totale per lo Stato è stato stimato di circa 140 milioni € all’anno (ogni confezione può costare dai 15 ai 30 €).

Dai dati italiani, circa 2,5 milioni di donne già assumono il contraccettivo orale e circa il 35% dei Consultori lo offrono gratuitamente.

Tale decisione sorprende soprattutto perché, dopo la pandemia da Covid-19, sono emerse nuove criticità del Sistema Sanitario Nazionale, legate inevitabilmente alla crescente limitazione delle risorse. Inoltre, da tempo, sui mass media è ripetutamente denunciato un fenomeno - che sembra irreversibile ed ineluttabile - definito come «inverno demografico», ovvero il crescente crollo delle nascite a cui nessuno sembra potere (o volere) dare una soluzione.

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Peraltro, un’analisi più approfondita dei costi relativi ai farmaci, evidenzia come vi siano numerose criticità ed incongruenze relative alla correlazione tra malattia ed esenzione degli stessi.

Nel settore chirurgico, per esempio, i pazienti affetti da malattia di Crohn e Rettocolite Ulcerosa, malattie infiammatorie intestinali croniche, destinate a persistere per tutta la vita, sono costretti a pagare l’esecuzione della Risonanza Magnetica addominale e pelvica e il dosaggio della Calprotectina fecale, indispensabili per il follow-up clinico.  

Ancora oggi i farmaci «anti-emorroidari», utili per il controllo o persino per la risoluzione delle complicanze della malattia emorroidaria (emorragia e dolore, soprattutto), sono inseriti nella classe degli «integratori alimentari» e pertanto esclusi dalla dichiarazione dei redditi annuale.

I pazienti diabetici (specie di tipo 1) possono presentare lesioni ischemiche agli arti o ferite infette in altri distretti del corpo, difficili da guarire. Anche in questo caso specifico, la medicazione non ha un codice di esenzione, pur essendo nota la correlazione tra la malattia e le sue complicanze.

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Non parliamo poi dell’aborto, pratica che dal 1978 sarebbe costata allo Stato più di 14 miliardi di euro.

Anche la PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) non è da meno: la FIVET/ICSI su ciclo spontaneo può costare circa 2.500 €, mentre con stimolazione ovarica 4.500 €, con donazione dei gameti da 3.500 a 6.000 €; la crioconservazione dei gameti infine pesa sulla spesa del SSN da 300 a 2.000 euro cadauno.

Le stesse mascherine di protezione FFP2 (che garantiscono una migliore protezione dalla malattia Covid-19, rispetto alle mascherine chirurgiche, specie negli ambienti sanitari o in luoghi pubblici) sono più care e a completo carico dell’acquirente, senza neppure la possibilità di detrarre la spesa dal 730.

Come si può vedere, gli esempi di queste situazioni discrepanti, nell’ambito del SSN, sono numerosi.

Oltretutto, i contraccettivi orali non possono essere definiti farmaci salva-vita e pertanto non rientrano, in strictu sensu, tra le terapie di prima linea per la salute.

Si è deciso così di abbandonare i principi ippocratici della buona medicina, equa e solidale, attenta ai più fragili, e di far prevalere il business e le dinamiche economiche e di mercato?

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