11/02/2020

La Svizzera dice sì alla legge (liberticida) contro l’omofobia

Via libera alla leggere contro l’omofobia. Succede in Svizzera dove nei giorni scorsi, chiamati ad esprimersi in un referendum, gli elettori elvetici hanno approvato con una maggioranza vasta - di oltre il 63% - la nuova legge contro le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale. Per la precisione, i voti a favore della nuova norma sono stati 1.413.609 contro 827.361 (36,9%), voti, questi ultimi, risultati più consistenti nelle zone rurali della Svizzera centrale e orientale; viceversa i più alti tassi di approvazione della legislazione Lgbt si sono riscontrati nelle aree più urbane, replicando così il noto dualismo tra città e periferie, da anni sotto l’esame dei politologi.

Venendo al merito della normativa approvata a furor di popolo, le obiezioni dei contrari vertono – come accade anche in Italia – sull’elevato rischio di «censura» e di limitazione della «libertà di espressione e di coscienza» comportato dalla nuova legislazione. D’altra parte, il nocciolo della questione, alla fine, è sempre quello: affermare e difendere il primato della famiglia naturale è forse un atto «omofobo»? E se sì, perché mai? E con le persone di tendenze omosessuali che asseriscono quello stesso primato, come la mettiamo?

Un’altra questione, strettamente legata a questa - e che evidenzia la criticità di qualsivoglia legislazione a favore delle minoranze sessuali -, riguarda una disparità che verrebbe a crearsi non solo tra persone con tendenze omosessuali e persone attratte da persone di sesso diverso, ma anche tra le stesse minoranze sociali. Detto in altri termini, per quale ragione dovrebbe essere meno grave – e quindi meno sanzionabile – prendersela con una persona omosessuale anziché con un diversamente abile? I diversamente abili sono forse persone di serie b?

Continuando, una terza ma più leggera obiezione consiste nell’assunto – soggiacente non solo alla nuova legge elvetica, ma a tutte le legislazioni pro Lgbt – secondo cui le norme arcobaleno, nozze gay in primis, migliorano la vita alle minoranze Lgbt. Ebbene, ciò è semplicemente falso. Lo ha evidenziato il sociologo Mark Regnerus, secondo cui gli studi sui “benefici” che leggi pro Lgbt avrebbero sulle persone omosessuali sono «da anni» viziati da «dati deboli, piccoli campioni e conclusioni politicizzate».

Analogamente, una ricerca realizzata da D. Mark Anderson dell’università del Montana, Kyutaro Matsuzawa e Joseph J. Sabia dell’ateneo di San Diego – ricerca basata sui dati di 32 dei 35 Stati Usa che tra il 2004 e il 2015, per via legislativa o giudiziaria, avevano introdotto forme di tutela alle unioni gay – ha portato i suoi autori a questa conclusione: «Abbiamo trovato ben poche prove del fatto che la legalizzazione delle unioni gay abbia ridotto il bullismo tra i giovani che si identificano come Lgbt».

Ora, davanti a simili constatazioni la domanda è d’obbligo: se le legislazioni contro l’omofobia e pro nozze gay non offrono garanzie circa il miglioramento delle condizioni sociali e personali dei soggetti che dovrebbe favorire, che fine hanno? La risposta è chiara: rivoluzionare l’ordine valoriale della società – a scapito del diritto naturale -, mettendo a tacere come «omofobi» quanti, semplicemente, osano far richiamo, anche su questi temi, al caro vecchio buon senso. In altre parole, le leggi arcobaleno non servono a dare nulla a nessuno, ma solo a togliere. A togliere il diritto dei bambini a crescere con un padre ed una madre e a privare quante più persone possibili del senso critico, il vero grande incubo della cultura dominante.

 

di Giuliano Guzzo

 

 

 

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