21/11/2023 di Giuliano Guzzo

La guerra alle multinazionali trans guidata dalle sue stesse vittime

Nell’immaginario che i grandi media continuano a rilanciare, l’ideologia gender, il gender fluid e lo stesso «cambio di sesso» sono avversati solo dai gruppi conservatori, dai pro family e dai cattolici. In realtà, la faccenda è un po’ più complessa, specie per quanto riguarda il «cambio di sesso» tra i minori; un tema che ormai raccoglie perplessità trasversali, perfino da parte dei pionieri del settore. Ne è un esempio la psichiatra Riittakerttu Kaltiala, una ha diretto una delle prime cliniche di genere in Finlandia nel 2011, e che oggi afferma: «Le cure affermative di genere sono pericolose. Lo so perché ho contribuito ad avviarle. Il mio Paese, come altri, ha riscontrato che non esistono prove concrete a sostegno della transizione medica dei giovani».

Anche sul British Medical Journal, Kamran Abbasi, docente all’Imperial College di Londra e, soprattutto, caporedattore della prestigiosa rivista, a proposito della riassegnazione sessuale tra i giovani ha denunciato che quanto oggi è disponibile in termini di protocolli e raccomandazioni cliniche «non è in linea con la forza delle prove. Il rischio di un trattamento eccessivo della disforia di genere è reale». Non è un caso che in Paesi come la Svezia, la Francia, Australia e Nuova Zelanda – come segnalato sempre dal British Medical Journal, in un altro articolo – le società mediche abbiano iniziato a prendere le distanze dalla medicalizzazione precoce dei baby trans. Insomma, basta già un rapido sguardo alla comunità scientifica per capire come sul «cambio di sesso» tra i minori il consenso sia tutt’altro che compatto. Non è però finita.

Contro una visione unilaterale del tema della riassegnazione sessuale, nei giorni scorsi, si è tenuta una importante conferenza a Denver, intitolata Genspect - The Bigger Picture. Ne ha scritto sul Federalist Jennifer Lahl, regista e fondatrice del Center for Bioethics and Culture Network. Si tratta di un appuntamento che viene fissato ogni anno nel luogo e nel giorno dove si tiene un altro congresso, quello della Wpath, acronimo della World Professional Association for Transgender Health, ossia l’Associazione Professionale Mondiale per la Salute dei Transgender; una realtà, questa, che ha sempre propagandato l'affermazione di genere e gli interventi chirurgici per i giovani che vogliono «cambiare sesso», anche se il suo presidente, il dottor Marci Bowers, maschio trans-identificato, ha riconosciuto come possa esserci un contagio sociale alla base di tale dilagante fenomeno.

Ma torniamo a Genspect, dove, ha scritto Lahl, sono intervenute molte voci interessanti contro il pensiero unico sul gender. Quelle di scienziati ed esperti, sì, ma soprattutto quelle di famiglie e di vittime dell’ideologia gender. Iniziando con le prime testimonianze che a Denver sono state ascoltate, hanno raccolto molti applausi gli interventi di due madri, January Littlejohn ed Erin Friday, le cui figlie purtroppo credevano alla menzogna secondo cui erano nate nel corpo sbagliato. Littlejohn ha in particolare parlato della scuola media di sua figlia, di come essa abbia provato a fare il lavaggio del cervello alla ragazzina e di come, di conseguenza, lei abbia maturato l’idea di fare causa all’istituto.

Non sono risultate meno coinvolgenti, continuando, le testimonianze di quanti sono risultati più danneggiati da un approccio di “affermazione di genere”, vale a dire i detransitioners, i «trans pentiti», coloro che sulla loro pelle si sono resi conto che la loro decisione di transizione non ha risolto nessuno dei loro problemi di salute mentale; anzi, come spesso accade, ha perfino peggiorato le cose. Chloe Cole e Prisha Mosley hanno entrambe parlato delle loro esperienze profondamente personali. Alla conferenza hanno partecipato anche molti altri detransitioners. «È stato meraviglioso vedere come le loro tragiche storie li abbiano uniti in uno spirito di gruppo», ha commentato la Lahl, a sua volta intervenuta parlando di «riproduzione assistita transgender» nel convegno tenutosi a Denver. Che ha tanti meriti, anche se sicuramente quello di dare voce ai detransitioners e alle loro famiglie è quello più significativo. Perché si tratta di persone e vicende che più e meglio di ogni altra cosa evidenziano la menzogna e le trappole che stanno dietro alle false promesse del «cambio di sesso».

 

 

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