31/07/2020 di Luca Marcolivio

La dittatura è già iniziata. A Mantova un'avvocatessa difende i bambini e viene accusata di omofobia

Mentre il dibattito sul ddl omotransfobia è ormai entrato nel vivo, già si prospettano dei casi giudiziari clamorosi. Quanto è accaduto recentemente a Mantova ha dell’incredibile e, indipendentemente dagli esiti che avrà, è la dimostrazione di quanto, anche a ddl non ancora approvato, sia già molto difficile una discussione franca e priva di manipolazioni sull’argomento. Una discussione che, in particolare, metta al centro i diritti più importanti e, al tempo stesso, più calpestati: i diritti dei bambini.

Protagonista della vicenda è C.S., avvocato e madre di famiglia, che, due settimane fa, aveva partecipato all’evento #Restiamoliberi per libertà di espressione organizzata dalle Sentinelle in Piedi a Mantova. L’avvocato S. è particolarmente nota in città per alcune cause, a conclusione delle quali, il Tribunale di Mantova ha vietato ai genitori di pubblicare immagini dei figli minorenni sui social. La giovane giurista porta avanti le sue battaglie per la tutela dei minori dentro e fuori l’ambiente forense, partecipando a dibattiti social, in cui ha sempre espresso la sua netta contrarietà a pratiche come l’utero in affitto o l’insegnamento gender a scuola. «La mia assistita ha anche manifestato la sua opinione riguardo al fatto che gli lgbt non sono una ‘specie protetta’ e non hanno diritto ad alcuna protezione particolare, in quanto la normativa vigente già li tutela – dichiara a Pro Vita & Famiglia la legale di C.S. –. L’unica categoria riconosciuta dal nostro ordinamento come meritevole di particolare protezione è quella dei minori. Non ci sono categorie di persone che hanno diritto a crescere un bambino, al contrario, sono i bambini che hanno diritto ad essere cresciuti da un papà e una mamma: questa convinzione, l’avvocato S. l’ha sempre espressa».

Il momento critico arriva quando l’avvocato S. viene tacciata di omofobia sul suo profilo Instagram a ragione della sua partecipazione al flash mob delle Sentinelle in Piedi. Un utente le invia un messaggio di minacce ed un altro utente lancia l’allarme tra i suoi ‘sodali’: «Segnalate questa omofoba!». «La mia assistita non è certamente omofoba – replica l’avvocato difensore della signora – esprime le proprie idee ed è legittimamente chiamata a farlo in relazione alle problematiche oggi all’ordine del giorno. Come giurista e come madre, ne ha diritto, anche in ambito educativo».

Prima di bloccare il profilo del suo aggressore, la signora S. si informa sull’identità dell’utente: trattasi di un uomo che si dichiara “educatore” e pubblica sul suo profilo foto di effusioni piuttosto esplicite con il proprio compagno. Emerge poi anche un suo canale YouTube, in cui il sedicente educatore offre consigli ai ragazzini. L’utente, tuttavia, non avrebbe alcun titolo per svolgere ruoli d’insegnamento o pedagogici, avendo soltanto il diploma all’istituto alberghiero. In seguito, l’uomo partecipa a una contro-manifestazione in risposta alle Sentinelle in Piedi, che diventa un florilegio di ingiurie contro l’avvocato S., di cui vengono lette varie dichiarazioni diffuse sui social e ritenute omofobe. Intorno a S. e alla sua famiglia, sorge un clima di odio, con minacce gravissime a mezzo social.

Come se non bastasse, anche alcuni colleghi arrivano a prendere le distanze da S. «Gli ordini degli avvocati – puntualizza la sua legale – non possono rappresentare le ideologie e le coscienze di tutti gli iscritti ed impegnarne la parola su problematiche così delicate. Alcuni rappresentanti dell’Ordine di Mantova hanno diffuso una sorta di comunicato pubblicato su un giornale, in cui criticano la mia assistita. Detto comunicato, risultato poi neppure sostenuto da alcuna delibera, appare espressione di soggetti fortemente politicizzati. Molti altri nostri colleghi, al contrario, dissentono dal ddl Zan e dal fatto che i loro figli possano essere educati da persone come l’uomo che accusa di omofobia l’avvocato S.».

C’è quindi un drappello di persone che vuole a tutti i costi mettere a tacere una madre di famiglia e un avvocato che si batte per i diritti dei bambini, peraltro legittimata a farlo per i suoi titoli, per il suo stile di vita e per quanto ottenuto nelle varie cause legali da lei seguite. Dall’altra parte troviamo un attivista lgbt che, con tutta probabilità millanta un titolo di educatore che non gli appartiene, pur essendogli attribuito da alcune testate locali cui si è rivolto, così identificandosi.

«Abbiamo presentato diffide a questi giornali – spiega ancora l’avvocatessa che assiste la donna – e nessuno ci ha dato né conferma, né smentita. Abbiamo diffidato anche un’associazione la cui presidente si è spacciata per avvocato dell’utente in questione ma che, in base alle ricerche che abbiamo fatto, sarebbe una operatrice sociosanitaria. Ho scritto anche a un consigliere di maggioranza al Comune di Mantova, che ha appoggiato la manifestazione contro la mia assistita: sono tutte persone che stanno prendendo le difese di un “educatore” che, fino a prova contraria, millanta titoli che non ha. La questione qui, non è se un omosessuale possa fare l’educatore o no, ma se il signore in oggetto abbia o no i titoli per educare. A noi non risulta abbia questi titoli. Lui stesso e quanti lo stanno sostenendo rischiano accuse molto gravi: dal concorso nel reato di esercizio abusivo della professione, alla diffamazione, alle minacce al procurato allarme. Valuteremo come agire…».

 

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