10/01/2021 di Manuela Antonacci

La comunità Trans contro la campagna vaccinale anti-Covid

 “Non ci è ben chiaro per quale motivo nell’hub vaccinale realizzato a Bologna, allestito in un padiglione polivalente della Fiera di Bologna, ci debba essere una suddivisione in base al sesso anagrafico, per poter fare la fila e accedere alla vaccinazione per il Covid-19. Non ci risulta, infatti, che per vaccinarsi bisogna spogliarsi quasi completamente”.

Parola di Fabio Marrazzo, portavoce del Partito Gay per i diritti LGBT+ che ha tuonato dalla sua pagina Facebook, su quanto avvenuto nella Fiera di Bologna, dove, appunto, gli ingressi per accedere alle vaccinazioni sono stati suddivisi in base al sesso biologico. E’ bastato questo per far partire un’incredibile polemica, in primis da parte del Gruppo Trans che, con un post, avrebbe definito l’episodio “discriminatorio”.

E a cui hanno fatto da eco le parole di Marrazzo che sempre nel suo post di denuncia ha sottolineato: “In un momento così delicato, come quello della campagna vaccinale, questa scelta impone una barriera alle persone transgender e non binarie. In un paese come l’Italia che prevede un lungo iter in Tribunale per accedere alla rettifica anagrafica, molte persone non sono in possesso di un documento che rispecchia la propria identità di genere. Questo, infatti, costringerebbe le persone trans* a un coming out forzato in ambienti non preparati, non accoglienti e violerebbe, inoltre, il diritto alla privacy.”

Viene da chiedersi come possa il semplice riferimento ad una realtà biologica essere percepito come, in qualche modo, offensivo, discriminatorio, se il mondo della natura, da cui peraltro la scienza prende le mosse, è forse uno dei pochi ambiti scevro da qualunque ideologia, presentandoci la realtà così com’è. Per assurdo potremmo anche dire che la natura, in questo caso “discrimina” ma in un solo senso: se si prende il significato etimologico del verbo che deriva da “discrimen” separazione, operando, dunque, un’involontaria ma oggettiva distinzione, in base ai cromosomi, tra maschi e femmine.

Perché, almeno nel campo della scienza, non vale la regola del “così è se vi pare”, quella forma estrema di relativismo ontologico a cui siamo arrivati oggi, che vorrebbe corrodere anche le fondamenta identitarie basate sul dato biologico. Dunque, in base a queste premesse, risulta incomprensibile lo sdegno di Marrazzo che parla persino di “violazione del diritto alla privacy” che non ha proprio senso, perché, per quanto ci si sforzi di identificarsi nel sesso percepito, si rimane, di fronte alla realtà, sempre quello che si è, senza alcuna violazione della propria identità che continua a risultare manifesta a tutti.

Ci interroghiamo allora sul livello di colonizzazione ideologica a cui si vorrebbe portare questa società, se si cerca di instillare l’idea che qualunque riferimento alla natura biologica possa in taluni casi, risultare addirittura problematico, al punto che, come ha chiosato Marrazzo, il partito Partito Gay per i diritti LGBT+, di cui è portavoce, si è affrettato a richiedere con fare pretenzioso, alla Regione e alla giunta del capoluogo emiliano “maggiori delucidazioni su tale scelta discriminatoria”.

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