14/09/2022

La "cavolata" di Peppa Pig

Un tempo si raccontava che i bambini nascevano sotto i cavoli. 

Allora i cavoli erano l’unico alimento con vitamine e minerali di cui si potesse disporre d’inverno ed erano raccolti nove mesi dopo la semina prevalentemente da donne le quali ne recidevano la radichetta, che, come un cordone ombelicale, li legava alla madre terra. 

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Ma oggi che nessuno crede più alle favole si narrano cose diverse. Così il magico mondo della Disney, i programmi per bambini di Netflix, la Barbie trans, l’edizione Lego arcobaleno, raccontano piuttosto di coppie dello stesso sesso e di bambini felici.

E anche Peppa Pig si omologa a tale modello, dovendo l’editore rispondere alle richieste pressanti delle famiglie arcobaleno. Così vi fa la sua comparsa un nuovo amico, Penny Polar Bear, che, descrivendo la sua famiglia, dice di vivere con la mamma e l’altra mamma e che una fa il dottore, mentre l’altra cucina gli spaghetti. 

Si sa, non è più tempo di favole, né di cavoli o cicogne, ma è tempo di ideologia. Le favole sono fantastiche e immaginifiche, ma a loro modo dicono la verità e sono immediate e in armonia con la natura. L’ideologia invece ha un rapporto rovesciato con la natura e anche con la biologia e, per quanto ostenti modi suadenti, è menzognera. Si costruisce infatti su premesse sottratte alla prova e l’assenso che le si dà si dimostra non censurabile criticamente e trasfigurato emozionalmente. 

Ed è violenta almeno quanto è mistificante.

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Così quello che riscontriamo in questa disincantata favola moderna è, come scrisse Grégor Puppinck, direttore del Centro Europeo per la Legge e la Giustizia, commentando anni fa un caso di adozione da parte di una coppia lesbica, «l'estensione del potere degli adulti sui bambini. Non basta più che i bambini siano in balia delle fluttuazioni sentimentali degli adulti, che siano separati dalle loro madri o padri dal divorzio; adesso gli adulti vorrebbero falsificare la loro filiazione all’estremo per soddisfare i propri desideri». 

La verità è che due donne non possono avere un bambino. Pertanto, la mistificazione si annida nel non dire che, per averlo, devono comprare il seme di un venditore (che chissà perché tutti chiamano donatore), fecondare l’ovulo di una delle due e impiantarlo in un utero il più delle volte neanche loro; quindi nell’occultare almeno uno dei genitori biologici. 

La violenza si determina, poi, nel momento in cui si carpisce l’innocenza infantile e si costringe il bambino ad adeguarsi alle scelte affettive dei pretendenti genitori. 

Ma la cavolata più grande sta nel fidare indiscriminatamente nella tecnica e nel suo potere manipolatorio per travalicare la natura. 

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L’elemento dirimente è, in tal caso, la rivoluzione biomedica che ha modificato lo status della generazione fino a determinarla come atto medico artificiale, programmato, controllato. Così, trasformato il figlio in oggetto biologico, sono spariti mamma e papà e sono subentrati oociti e spermatozoi con il supporto di siringhe e sonde. Sono state quindi indotte situazioni non corrispondenti alla realtà naturale e biologica, che hanno fatto insorgere l’idea innaturale di avere figli senza l’altro sesso. Le difficoltà che hanno i legislatori nell’adeguare la terminologia a queste inconsuete pretese ne dimostrano l’assurdità e per certi versi, la mostruosità: non più Padre e Madre o Papà e Mamma, ma Genitore 1 e Genitore 2. 

Ciò ha avviato un processo che porta, se non regolato, verso l’ennesima degradazione, verso il post‒umano, il quale si rivela disumano nel momento in cui si misconosce il diritto del bambino ad avere i riferimenti sicuri di cui ha bisogno per crescere (mamma e papà)

 

di Clemente Sparaco

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