04/09/2019

Boscia (Medici cattolici) su campagna #NOEUTANASIA: «Rotta la congiura del silenzio»

La campagna di Pro Vita & Famiglia contro l’eutanasia infrange innanzitutto il tabù del dibattito e porta in campo argomentazioni realmente ragionevoli. Ad affermarlo, a colloquio con il nostro webmagazine, è Filippo Maria Boscia, ginecologo e presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, che, per l’occasione, ha ribadito il punto di vista pro life: qualunque medico che agisca per mettere fine alla vita di un suo paziente, tradisce la sua stessa missione.

 

Professor Boscia, quale messaggio trasmette, a suo avviso la campagna #NOTEUTANASIA di Pro Vita & Famiglia?

«Pro Vita & Famiglia ha il merito di riconoscere l’esistenza di conflitti tra molteplici imperativi etici, in un’epoca in cui questi imperativi non vengono più riconosciuti. È positivo che Pro Vita & Famiglia sia intervenuta, proprio perché va coltivato un pensiero che, nella trasmissione dei principi, affronti la complessità dell’agire. Questa campagna mette l’accento sulla necessità di aprire una vera discussione sul fine vita. Questa discussione, però, non va rivolta esclusivamente sulla fine della vita, come sta avvenendo in Olanda, dove recentemente si è espresso un parere positivo sul mettere fine alla vita di qualunque anziano con più 70 anni che lo desideri. Io, che di anni ne ho 74, mi ribello a questa impostazione e, naturalmente, pretendo che, su di me, le cure palliative, non siano mai omesse. Non va poi dimenticato che, nel mondo occidentale, il dibattito è profondamente condizionato dalla paura della morte e dell’agonia. È chiaro che con la morte nessuno vuole avere a che fare e che, anche negli ospedali, essa viene in qualche modo nascosta o rimossa, come qualcosa da dimenticare in fretta. È come se, in questo momento, sia in atto una congiura del silenzio. È bene, quindi, che Pro Vita & Famiglia vada a interrogare le coscienze su questo delicato problema e che rimetta in atto una discussione».

La discussione è destinata comunque a riemergere, in vista dell’attesa sentenza della Corte Costituzionale. Anche il nuovo governo potrebbe legiferare in materia. Qual è la posizione dell’AMCI?

«Ovviamente rimaniamo nettamente contrari sia all’eutanasia che al suicidio assistito. Il fine della medicina è e sarà sempre quello di promuovere la vita, curare, ristabilire la salute, alleviare il dolore e la sofferenza, assicurare la più alta qualità della vita anche quando non si può guarire. Nostro scopo è prevenire e combattere le malattie e la morte, pertanto la prassi medica e l’integrità morale del medico rendono assolutamente incompatibile la sua attività con l’eutanasia. Un medico non può scegliere se far vivere o far morire. L’unica opzione che il medico può esercitare è sempre e comunque a favore della vita. Siamo in un momento storico in cui la medicina è influenzata dalla cultura dominante, la quale ha obiettivi di tutt’altra natura, ovvero di natura economica, ben poco etica e poco pertinente con la prassi medica. Introdurre l’eutanasia nella legislazione italiana andrebbe a creare un grave e drammatico vulnus nell’esercizio della professione medica. Quest’epoca di travolgente evoluzione della scienza e della tecnologia rischia di interferire sul processo della morte, modificandolo. Dobbiamo quindi evitare ogni interpretazione burocratica, giurisprudenziale e contrattualistica della nostra azione medica, dobbiamo far prevalere i principi etici e deontologici che da sempre segnano e caratterizzano il rapporto medico-paziente. Noi difendiamo questo tipo di impostazione e saremo anche disponibili a sollevare l’obiezione di coscienza».

C’è un aspetto particolare su cui dovremmo riflettere e su cui la campagna #NOTEUTANASIA fa riflettere?

«Dobbiamo essere convinti fino in fondo che l’abbraccio della famiglia è la cosa più emotivamente umana che va a rafforzare i vincoli affettivi ma che, soprattutto, riduce il carico psicologico per quei malati che sono avviati verso il termine della loro vita. Tutto questo ci porta ad essere educatori, ad elevare gli standard della nostra assistenza e ad agire in forte e rinnovata alleanza perché siano utilizzati tutti i supporti, compresi quelli psicologici, per offrire al paziente nel fine vita un accompagnamento che sia delicato, sensibile, affettuoso e che sia fatto non solo di presidi medici ma anche di carezze e di umanità».

 

di Luca Marcolivio

Manifesto campagna no eutanasia a Roma

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