08/01/2021 di Luca Scalise

In Spagna morte per tutti, come fosse una cura

Rendi le cure impossibili a un sofferente, abbandonalo, fallo sentire un peso e avrai fatto di lui un aspirante suicida, “convintissimo” (solo apparentemente) di voler morire. “E chi siamo noi per negargli questa libertà?”, direbbero i sostenitori dell’eutanasia. Peccato che qui, di libertà, non c’è neanche l’ombra.

Dovrebbe essere approvata in questi giorni, spiega un articolo di Tempi, al Senato spagnolo, una legge che consente sia eutanasia che suicidio assistito. «Si potrà chiedere di morire, ricevere la morte e aiutare a morire non solo nelle strutture sanitarie pubbliche e private ma anche a casa propria, alla presenza di un medico» e ciò sarà concesso anche agli stranieri che avranno fatto richiesta di residenza in Spagna. Potranno ottenere la morte tutti i maggiorenni che, per un male che dichiarano essere insopportabile, avranno più volte fatto richiesta di essere aiutati a morire.

Morte per tutti, insomma. Anche perché non c’è così tanta altra scelta, in «un paese dove solo la metà delle 120 mila persone che ha bisogno di cure palliative può riceverle». Insomma, per quella metà che non ha accesso alle cure, la cura sarebbe la morte? Tiene al bene dei sofferenti chi, invece di assicurarsi che possano ricevere le cure di cui necessitano, gli spiana la strada che porta alla tomba?

A parte il fatto che ogni eutanasia è infinitamente grave, in quanto vero e proprio omicidio, perché ogni essere umano è infinitamente importante, ci rendiamo conto di quanto diventerebbe incontrollabile la problematica dell’istigazione al suicidio? Se la sola dichiarazione del cosiddetto aspirante suicida è sufficiente a legalizzarne l’aiuto a morire, chi può dire che tale dichiarazione sia libera e non frutto – tanto per fare uno dei tanti esempi - di minacce?

Insomma, non c’è ombra di dubbio che aprire all’eutanasia e al suicidio assistito sia mettere una pietra sopra alla tutela dei sofferenti e di tutti i cittadini. Una pietra tombale.

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