04/03/2022 di Luca Volontè

In Scozia il governo sconfitto sull’identità sessuale. Riaffermato il valore della biologia umana

Era stata fieramente dura e ben argomentata l’arringa dello scorso 10 febbraio di Roddy Dunlop, uno dei decani degli avvocati scozzesi, che davanti alla Corte di Edimburgo sosteneva le ragioni della coalizione femminista Fair Play for Women (FPFW) contro la stravagante decisione del Governo scozzese di inserire nel censimento sulla popolazione una definizione di donna che includesse anche le persone transgender auto dichiaratesi “femmine”.

La nuova guida del ‘National Records of Scotland’ (NRS) permetteva infatti agli intervistati di inserire un sesso diverso da quello presente sul loro certificato di nascita, anche senza aver prima ottenuto un certificato di riconoscimento di cambio di genere. Contro questa follia, l’Avvocato Dunlop aveva detto: «Il concetto di sesso è generalmente associato all'idea di differenze biologiche che sono binarie e immutabili. È semplicemente impossibile per la Corte affermare che ci siano le ragioni sociali (e naturali ndr) per imporre a tutti di essere accondiscendenti verso questa visione della sessualità». Secondo Douglas Ross, l’avvocato rappresentante del Governo scozzese, invece,  l'idea che il sesso sia "fisso e immutabile" dalla nascita è «una norma e una concezione rigida e non accomodante».

Ebbene sì, siamo a questo punto: la biologia di uomo e donna dovrebbero accomodarsi nel cestino per far posto alle istanze gender fluid. Fortunatamente, andando in controtendenza rispetto a quanto avanzato dalla guida della Nrd, la Corte scozzese ha difeso con una sentenza degli scorsi giorni la biologia umana, soprattutto – in questo caso – quella femminile. La Corte ha infatti stabilito che la definizione legale di donna non può essere cambiata per includere uomini che si identificano come donne. Anzi, le disposizioni a favore delle donne, per esempio anche nel campo della rappresentanza dirigenziale, per definizione escludono coloro che sono biologicamente maschi.

Trina Budge di ‘For Women Scotland’ ha espresso la sua gioia per la sentenza: «Siamo lieti che questo aspetto sia stato corretto nella legge e che i giudici abbiano riaffermato che la caratteristica protetta del sesso si riferisce a un maschio o a una femmina e che le disposizioni a favore delle donne devono, per definizione, escludere coloro che sono biologicamente maschi». La dottoressa Nicola Williams, direttrice di ‘Fair Play For Women’, ha sostenuto che la sentenza «è una grande opportunità per il Governo e per la Commissione dei diritti umani scozzesi per proteggere i diritti delle donne e impedire che il significato dell’identità sessuale biologica venga distorto».

Il Governo Scozzese è dunque uscito sconfitto da questa querelle e le femministe che difendono l’identità sessuale biologica delle donne hanno vinto, anche se sarebbe bene chiedersi, in tutta questa storia… gli uomini – anch’essi fondamentali nella protezione di questi aspetti – dove sono finiti?

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