01/03/2018

In Irlanda, per salvare l’8° emendamento: #MyAbortionStory

I nostri Lettori sanno che a maggio ci sarà un referendum in Irlanda teso ad abrogare l’8° emendmento della costituzione che portegge la vita della madre tanto quanto la vita del bambino non nato.

I prolife d’Irlanda sono molto attivi e combattivi, anche se devono vedersela con i soldi di Soros che ha apertamente appoggiato la propaganda abortista anche lì. Una delle ultime iniziative del comitato “Save the 8th” è  #MyAbortionStory: testimonianze per offrire all’Irlanda una visione della realtà che consegue all’aborto legalizzato

Due operatori sanitari hanno parlato ieri all’evento organizzato per il lancio della campagna. Caren Ní hAllacháin, un’infermiera australiana, è stata testimone dell’agonia di un bambino di sole 22 settimane sopravvissuto ad un aborto: la legge e i medici le hanno impedito  di intervenire; Noel Patrún ha raccontato la sua esperienza nell’assistere agli aborti in un ospedale del Regno Unito.

save_them_both_Irlanda_aborto_vitaCaren ha detto : «Vedere quel bambino che cercava di respirare e nessuno lo aiutava, è stato così angosciante che il ricordo mi perseguiterà per il resto della mia vita». Il personale sanitario in Irlanda dovrà affrontare esperienze del genere, se l’aborto sarà legalizzato.

Noel, un’infermiere che ha lavorato per un lungo periodo di tempo in ginecologia e ostetricia, e che ora lavora in psichiatria, ha affermato: «Ho visto spesso donne che arrivavano per abortire in grande angoscia, spesso sotto evidente costrizione da parte dei loro partner. Molte erano  sole, perché i loro  uomini non  si assumevano la responsabilità. “Il mio ragazzo mi ha preso in giro” era una delle cose più comuni che sentivo. La mia coscienza è andata in crisi perché  quella che veniva presentata come  una questione di scelta era invece una costrizione. Le donne che abortiscono sono vere e proprie vittime di bullismo».

E poi si è reso conto della “epidemia silenziosa che c’è in Gran Bretagna“: le donne che soffrono della sindrome post abortiva che viene normalmente disconosciuta.

Noel  ha anche denunciato la mancanza di tutela della coscienza degli operatori sanitari. «Quando ho detto ai miei superiori che non volevo più assistere agli aborti, sono rimasto scioccato e sconvolto nel constatare che la mia scelta, la mia libertà di coscienza non era tutelata. Sono diventato io stesso vittima di  bullismo e molestie psicologiche che sono diventate sempre più difficili da sopportare. Alla fine sono stato costretto a lasciare il mio lavoro».

Redazione

Fonte: SPUC

 


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