27/01/2020

In Belgio divieto ai cattolici giurati nei processi sull’eutanasia. Questa è discriminazione

Vi ricordate di quando abbiamo parlato di quella 38enne belga, Tine Nys, che aveva chiesto l’iniezione letale dopo la rottura del fidanzamento con il suo ex e a cui le fu, poi, praticata, sulla base di una diagnosi della Sindrome di Asperger?

Tre medici sono, ora, sotto processo, «accusati di aver inventato di sana pianta la malattia da cui sarebbe stata affetta Nys […], di aver approvato la morte con troppa leggerezza e di averla somministrata in modo “dilettantesco”». Ebbene, l’assurdo non è finito lì, nel tragico decesso di quella donna lasciata sola e “aiutata” unicamente a morire, piuttosto che a superare la sofferenza e vivere.

L’assurdo, ora, si sta verificando nelle prime fasi del processo. Un articolo di Tempi ci dà modo di renderci conto di cosa sta accadendo. Walter Van Steenbrugge, uno degli avvocati difensori, nel selezionare i membri della giuria, avrebbe, infatti, espresso le seguenti richieste: «Va da sé che respingerò chiunque si dimostrerà essere un “cattolico estremista”. […] Non può far parte della giuria chiunque abbia una grande devozione per la Madonna. Non vogliamo ritrovarci con un membro della giuria che abbia mai scritto che l’eutanasia è equiparabile a un omicidio».

Simili dichiarazioni hanno dello sconcertante. A parte il fatto che l’equazione tra estremista e devoto alla Vergine (oltre a non aver alcun senso) è seriamente offensiva nei confronti dei cattolici, è inammissibile, in ogni caso, che venga discriminata una categoria di persone, sulla base della propria religione, a prescindere dal credo professato.

Quanto, poi, al fatto che i membri della giuria non debbano equiparare eutanasia e omicidio, anche questa è discriminazione vera e propria: viene messo il bavaglio a tutti i pro life. Tra l’altro, come si vuol chiamare l’atto di togliere la vita ad una persona, se non omicidio? Che poi sia omicidio del consenziente (e neanche in tutti i casi), sempre omicidio resta.

E non è finita qui. Pare anche che il medico che ha praticato l’eutanasia (che avrebbe chiesto ai genitori della donna di reggere l’ago durante l’iniezione letale, di sentire, poi, con lo stetoscopio se fosse terminato il battito cardiaco e che, infine, avrebbe paragonato la morte della donna alla soppressione di un cane) abbia ammesso di non aver frequentato metà dei corsi sul fine vita, necessari alla sua professione.

Avrebbe infine dichiarato: «Se verremo condannati le uniche persone a vincere saranno i conservatori che si oppongono all’eutanasia». Come se bisognasse chiudere un occhio su qualsiasi errore possa esser stato commesso dai medici, pur di non dar ragione ai conservatori.

Insomma, sono sempre di più i casi in cui proprio chi si riempie la bocca di termini come “libertà”, “diritti” e “tolleranza” vuole chiudere la bocca ai pro life e questo la dice davvero molto lunga sulla loro coerenza con i valori che osannano, evidentemente solo a parole.

 

di Luca Scalise

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