06/02/2019

Il piccolo Nemis, in arte “Lactatia”, ritratto con un “drag queen” nudo

Nemis Melançon, di appena dieci anni, in arte “Queen Lactatia”, divenuto celebre per le sue esibizioni come “drag queen”, è al centro di una vicenda ancora più ambigua e pruriginosa dei suoi spettacoli che si svolgono in club gay per adulti.

Questo bambino che, senza esitazione, possiamo considerare (alla stregua di Desmond) una vittima sacrificale offerta al dio denaro dai suoi stessi genitori che spesso figurano tra il pubblico, negli ammiccanti e volgari show per drag queen dove il loro bambino si esibisce, ha già vissuto la maggior parte della sua vita in veste di drag. Questa volta, però, è stato coinvolto in una vicenda ancora più sopra le righe rispetto alla vita che già conduce che, tuttavia, potrebbe dare una svolta a un’esistenza così fragile e già priva di innocenza: il 7 gennaio, Jonathan Turton ha pubblicato un articolo, per HuckMag, dal titolo Che vita è quella di una baby drag queen?, basato non solo sull’intervista fatta a Nemis e a sua madre, ma anche su foto in vesti di drag queen che lo ritraggono con altri adulti drag. Il punto è che, mentre Turton si è guardato bene dal pubblicare tutte le foto scattate, Nemis, invece, le ha inserite nelle “storie” della sua pagina Instagram: una di queste sta facendo discutere  non poco, in quanto ritrae il bambino con un adulto, vestito da drag queen, quasi completamente nudo, i cui genitali sono coperti solo da un microscopico pezzo di stoffa.

La foto in questione, non è passata inosservata ma, anzi, è stata mandata dall’attore James Woods, tramite twitter all’FBI con il messaggio: «L’FBI potrebbe considerare questa immagine pedopornogafica? Se ci fosse stata una bambina nella foto, non sarebbero forse intervenute le autorità?». Interrogata sulla vicenda, la madre del bambino, incredibilmente, sminuisce la questione affermando che al mondo ci sono cose ben più gravi di questa che nessuno dovrebbe considerare una priorità.

Ma lasciamo la parola a chi ha vissuto certe esperienze sulla propria pelle e può parlare con cognizione di causa. Ci riferiamo a Greg Quinlan, un “ex gay” attivista, fondatore e presidente del Center For Garden State Families che su LifeSiteNews ha affermato: «Questo bambino è già diventato omosessuale dopo essere stato coinvolto in tutto ciò che è “gay” e i suoi genitori lo benedicono […]. Ma un bambino non può essere sacrificato per le aspirazioni dei genitori. Il male del mondo occidentale ha ormai superato Sodoma».

Gli fa da eco Stephen Black, anche lui “ex gay”, vittima di abusi sessuali durante l’ infanzia, che ora è un padre di famiglia cristiano  e  direttore esecutivo di First Stone Ministries, con sede a Oklahoma City il quale, sempre sulle colonne di LifeSiteNews aggiunge: «Stiamo assistendo all’abbraccio mortale tra la comunità Lgbtq e la legittimazione della violenza minorile, coltivando, inoltre, vere e proprie patologie mentali nel promuovere l’dentità “drag” nel bambino. Non serve un ingegnere missilistico per sapere che questo gioco alla fine porterà ai rapporti sessuali».

Insomma, una vicenda dai contorni veramente torbidi, della quale ci auguriamo l’FBI si occupi, ponendo fine alla strumentalizzazione di un bambino la cui vita, al contrario della liberalità ostentata nelle loro dichiarazioni agli organi di stampa, genitori in realtà senza scrupoli stanno già  programmando in modo inesorabile.

Manuela Antonacci

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