Penso sia capitato a chiunque di ascoltare la storia di qualche persona che, facendo la fila dal medico, alle poste o sull’autobus, inizia parlando del più e del meno e finisce per raccontarti qualcosa di importante, qualcosa che, nel bene o nel male, finisce per insegnarti tanto.
E’ successo anche a me, qualche tempo fa, di iniziare parlando dei confetti delle prime comunioni e finire con l’ascoltare la sofferenza di una madre che, messa davanti alla scelta tra la morte e la vita, ha avuto il coraggio di scegliere la vita, nonostante le mille difficoltà.
Tutto è iniziato dalla gioia, la gioia di scoprire che dentro di sé è arrivato qualcuno, qualcuno che non era mai esistito e che ora inizia a vivere dentro di lei, frutto dell’amore al suo sposo, quello sposo a cui non vede l’ora di comunicare la novità che sta per entrare nelle loro vite. Ma ecco che il calore della gioia si trasforma nel freddo del dolore, sì, il dolore di un marito che decide di andare via, senza nessun preavviso, senza nessun segnale; in silenzio va via, abbandona la sua sposa e la sua casa, lascia tutto, anche quel figlio che inizia appena ad esistere. E qui il freddo dell’abbandono diventa ghiaccio gelido della morte, lui quel figlio non lo vuole proprio, e mette quella che fino ad allora era stata la sua donna davanti ad un bivio improponibile: chiede la morte di quello sconosciuto che ora sembra soltanto mettere un freno alla sua libertà… E scappa via.
Quella donna è sola, ma quella donna ha tanto, tanto coraggio, quel coraggio che solo una donna innamorata può avere; il coraggio che nasce dalla consapevolezza di essere donna e madre, il coraggio di chi sa che deve custodire e trasmettere la vita! E quella donna dice un secco no a quella proposta di morte, un no così determinato che ha generato il sì più bello di tutta la sua vita, il sì che ogni donna compie dentro di sé accogliendo quell’esserino che da un secondo all’altro inizia ad esistere dentro di lei.
Nessun combattimento dentro di lei, tanto dolore, questo sì, ma nessun tentennamento: lei quel bambino lo ha accolto fin dal primo istante in cui lo aveva percepito e non avrebbe permesso a nessuno al mondo di portarglielo via.
Nelle parole di quella donna percepisco tutta la sua fatica per essere stata sola, ma anche tanto amore e tantissima generosità, la generosità di cui solo una vera madre è capace; percepisco anche il dolore che è ancora vivo, nonostante siano passati tanti anni e adesso quel bambino, grazie a lei, è diventato un uomo. Il viso si accende di una vivissima emozione, quasi di rabbia, quando mi rivela la sua più grande ferita: «potrei perdonargli tutto, tutto il male che mi ha fatto, ma non potrò mai perdonargli di aver attentato alla vita di mio figlio!»
E’ la mia fermata, saluto e scendo, in silenzio e a testa bassa…
Nel tragitto verso casa penso e ripenso a quelle parole, e non riesco a trattenere le lacrime quando lo racconto.
Nonostante i decenni passati, quella madre sente ancora vivo il dolore di quella piaga di cui, grazie al suo coraggio, è stata solo sfiorata, e a cui ha saputo reagire con tutta la sua forza. Adesso la sua vita è felice, piena dell’amore di quel figlio che ha saputo proteggere e che le volevano portare via.
Io dopo quell’incontro sento come un peso sullo stomaco e mi sento di darvi un consiglio, affinché il dolore di quella donna non si ripeta mai più: ragazzi, siamo noi che dobbiamo difendere la vita dei più deboli, siamo noi gli uomini, abbiamo perciò il coraggio di lottare e di difendere con le unghia e con i denti e, se necessario, persino con la nostra stessa vita, la vita di chi è più indifeso, di chi ci è affidato; diventiamo veri uomini e non codardi che scappano, veri uomini sull’esempio di questa donna e insieme a lei di tantissime altre donne e ragazze che, più forti degli uomini, hanno saputo dire sì alla vita, sfidando tutto e tutti.
di Melchiorre Mirko Noto