17/02/2020

I corsi in salsa gender dell’Università di Bologna, ecco di che si tratta

A chi millanta che il gender non esiste, sottoponiamo la descrizione del singolare corso proposto   dall’Università degli Studi di Bologna, all’interno della Facoltà di Lingue, Letterature e Culture moderne, tenuto dalla professoressa Rita Monticelli. Sul sito internet dell’Ateneo c’è scritto, infatti, papale papale che, con il corso “gli studenti e le studentesse acquisiscono conoscenze approfondite delle teorie e metodologie degli studi di genere in diversi contesti culturali. Il corso intende favorire l’analisi delle rappresentazioni e costruzioni di genere e del rapporto identità/alterita' in diverse forme testuali (teorie critiche, narrativa, testi visuali) in una prospettiva interculturale”.

Tra le finalità ci sarebbero quelle di “consentire agli studenti di ottenere strumenti critici per riflettere su diversi dibattiti culturali, usare le interconnessioni tra testi e contesti, per favorire il pensiero critico, offrire strumenti critici che consentano la competenza in termini di "gestione della diversità" ma anche la capacità di apprendere e affrontare “i temi principali nelle teorie femministe e negli studi queer”, di rileggere la “nozione di identità, differenza e diversità; genere come costruzione sociale”.

In realtà non ci sarebbe bisogno né di commenti né di ulteriori prove sulla natura e lo spirito del programma, dato che il concetto di genere come “costruzione sociale” è esattamente il cuore della teoria gender, secondo cui maschi e femmine non si nasce ma si diventa e, addirittura si diventerebbe a causa dei “condizionamenti sociali” imposti dalla famiglia, dalla scuola e dalla società, ai quali occorrerebbe reagire con un accurato lavoro di “decostruzione degli stereotipi”.

Ma solo per avere un’ennesima conferma dell’impostazione ideologica del corso, dando uno sguardo alla bibliografia, spicca tra tutti gli autori la celeberrima Judith Butler, vera e propria pioniera degli studi di genere, autrice di moltissimi saggi, in cui sottolinea la separazione tra sesso e identità di genere. Addirittura in “Undoing gender” (uno dei suoi libri più famosi) definisce l’identità sessuale come una “performance”, una semplice “interpretazione” da parte del soggetto, in cui la base biologica non avrebbe alcuna importanza.

Viene allora spontaneo chiedersi come mai, un argomento in cui, in realtà la biologia e la scienza hanno un rilievo grandissimo, qui non sono affatto presenti e perché, dunque, venga improntato in modo totalmente ideologico e senza nemmeno la possibilità di un contraddittorio. E’ davvero la volontà di istruire in modo corretto e obiettivo i ragazzi, lo scopo del corso?

 

di Manuela Antonacci

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