05/11/2019

Corso gender in una scuola di Bergamo. Ecco cosa è successo

L’ennesima invasione “gender fluid” nelle scuole italiane è avvenuta a Bergamo, meno di un anno fa e ancora la faccenda continua a far discutere per la gravità assoluta dei contenuti proposti.

Nella scuola elementare dell'Istituto Comprensivo "Alda Merini" di Scanzorosciate, in provincia di Bergamo, infatti, si sono tenuti pseudo corsi di "educazione affettiva" rivolti alle quarte e alle quinte. Un’educazione all’affettività che, come accade spesso, quando si usa questa vaga espressione come cavallo di Troia per veicolare ben altri contenuti a lezione, si sono risolti in descrizioni dettagliate ed esplicite di argomenti a dir poco delicati come: masturbazione, uso del preservativo, omosessualità, identità di genere e sesso orale. Quest’ultimo argomento, tra l’altro, affrontato ad un’età precocissima (parliamo di bambini tra i 9 e i 10 anni) ha lasciato tracce di profondo malessere nei piccoli alunni che hanno allarmato i genitori, i quali hanno preteso tempestive spiegazioni al dirigente scolastico e all’educatrice che ha impostato e tenuto queste “lezioni”.

E sì perché il risvolto più drammatico e paradossale è che chi avrebbe “formato” i bambini su certe tematiche sarebbe niente poco di meno che un’esperta in educazione sessuale del consultorio familiare diocesano “Costante Scarpellini” (Fondazione Angelo Custode Onlus), che fa capo alla Curia di Bergamo, tale Francesca Barcella. Nell’incontro vis a vis che i genitori hanno subito preteso con il preside e la dottoressa Barcella, si è chiesto conto, oltre che dei contenuti, anche del metodo usato per porre le domande: l’esperta del Consultorio, avrebbe raccontato della presenza della “scatola dei segreti”,  un modo per permettere ai bambini, in forma anonima, di porre qualsiasi quesito, persino sul “sesso orale”, o domande con un linguaggio a dir poco esplicito, quali “cos’è una pippa?” o “cos’è una sega?”, fornendo, in cambio, una risposta “esplicativa” a tutti.

Dunque nessuna prudenza nell’affrontare argomenti così espliciti nemmeno mostrando la volontà di filtrare le domande meno opportune. Insomma, l’ennesimo progetto che dimostra come, sui temi eticamente sensibili e dunque di per sé divisivi deve sempre e comunque prevalere la priorità educativa dei genitori, unici a sapere come quando e perché rendere edotti i propri figli su certe delicatissime tematiche. Tutto il resto sa, invece, di forzatura (nel migliore dei casi) ed esasperata colonizzazione ideologica.

 

di Manuela Antonacci

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