10/09/2020 di Luca Scalise

Gender e sport, quando la natura discrimina

Se esistono sport maschili o femminili, è perché maschio e femmina sono fisicamente diversi. Se all’interno dello stesso sport vi sono squadre maschili e femminili che competono solo con squadre del medesimo sesso, è per la stessa ragione. Il sesso non è un dettaglio nel corpo umano, non è presente e riscontrabile solo negli organi genitali, ma in ogni nostra cellula. È una caratteristica fondamentale e ineliminabile che determina molto del nostro fisico.

Se siamo biologicamente e fisicamente diversi (oltre ad esserlo anche in altri aspetti), non lo siamo, certo, in dignità umana. Quella è assolutamente pari. Apparteniamo entrambi al genere umano ed entrambi siamo alla pari meritevoli di rispetto. Nessuno dei due è da considerarsi inferiore all’altro.

Trattare da inferiore una delle due categorie, mancandole di rispetto, sarebbe discriminarla. Riconoscere la sua diversità dall’altra, invece, è semplicemente attestare la realtà, con rispetto di tutti. Sta facendo discutere molto in Connecticut il fatto che ad atleti biologicamente uomini ma che si sentono donne sia stato permesso di gareggiare in competizioni femminili, leggiamo in un articolo di Christian Headlines.

«Due ragazzi biologici che si identificano come ragazze hanno vinto 15 titoli della pista statale femminile del Connecticut», mentre tre atlete hanno denunciato come discriminazione il non aver avuto la stessa opportunità dei maschi, a cui è data la possibilità di gareggiare con persone dello stesso sesso, cosa che a loro è stata negata.

In base alla legge Title VII, sarebbe discriminazione la non assunzione o il licenziamento di qualcuno in base al proprio orientamento Lgbt ed è a questa legge che chi difende l’introduzione di uomini che si sentono donne in competizioni femminili fa riferimento a sostegno delle proprie posizioni.

Per Christiana Holcomb, consulente legale dell'Alliance Defending Freedom, che ha presentato la denuncia a nome delle atlete, nessun argomento legale può «spingere le ragazze fuori dal podio dei vincitori nei loro stessi sport. I maschi avranno sempre vantaggi fisici intrinseci rispetto alle ragazze con talento e formazione paragonabili; questo è il motivo per cui esistono sport femminili».

Ma noi possiamo considerare discriminazione il negare a chi è biologicamente uomo di gareggiare con donne in uno sport? Permettere ciò non sarebbe, piuttosto, una discriminazione nei confronti delle atlete, che hanno diritto a gareggiare con chi ha un fisico alla pari, cioè tra donne?

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