12/04/2016

Gender all’asilo, a Roma, zona Settecamini

Il gender a scuola non esiste, si tratta solo di inutile allarmismo, di fondamentalismo becero”.

C’è ancora chi ripete questa storiella, mentre continuano ad arrivare, a noi e ad altre associazioni, le denunce e le lamentele dei genitori...

Il “caso gender“che vi presentiamo ora è stato segnalato all’Associazione Articolo 26 e riguarda un asilo nido della Capitale, nel quartiere Settecamini.

“La dinamica la conosciamo bene ormai – ci scrive l’Associazione. Il comune di Roma propone un corso alle educatrici sull’accoglienza dei bambini di coppie omogenitoriali, come quello svoltosi nel Municipio II, in collaborazione con il professor Baiocco dell’Università La Sapienza o quelli affidati dal Comune all’Associazione SCOSSE, che mostrano evidenti criticità per l’approccio non scientifico al tema.

Ci chiediamo infatti perché per accogliere – come è doveroso – questi bambini, dovremmo confondere tutti i bambini sulla loro identità sessuale e sui loro riferimenti primari quali sono la mamma e il papà. E quali sono i fondamenti pedagogici per cui poi a tutti gli effetti si attuerebbe una discriminazione al contrario, con la scusa della lotta alle discriminazioni. E me lo chiedo da insegnante che ha sempre educato all’accoglienza di tutti, senza dover ammettere ideologie nella scuola pubblica.

Come conseguenza del corso le educatrici introducono nei nidi fiabe gay, spessissimo senza che i genitori siano adeguatamente informati. 

In questo caso il libro è il famoso Piccolo Uovo, proposto dalle educatrici a una mamma, affinché lo acquisti per una raccolta di letture da svolgere a scuola con tutta la classe – bambini tra i 18 e i 24 mesi – e da portare a piacere a casa.

Ma la mamma si informa, non è d’accordo che si legga a suo figlio e si rifiuta di acquistarlo. Altri genitori vengono a conoscenza della questione e manifestano il proprio disappunto alla scuola e alla cooperativa cui la struttura fa capo.

La lista dei libri non era stata resa nota: le educatrici hanno indotto la signora a pensare che tutti i genitori condividessero la scelta di “Piccolo uovo”, mentre nessuno ne era al corrente; la mamma in questione ha ricevuto solo una promessa verbale che al figlio sarebbero state proposte attività alternative alla lettura del libro: niente di scritto e, soprattutto, nessuna assicurazione che i bambini non avrebbero letto il libro da soli.

Dopo il rifiuto della mamma il nido ha deciso di acquistare il libro come corredo didattico della scuola: come a dire che un libro che parla di omosessualità e fecondazione artificiale a bambini che portano ancora il pannolino, ha lo stesso impatto di una sedia o di un peluche. E così il testo diventa di fatto obbligatorio e non più facoltativo e qualunque nuovo alunno lo troverà senza che le famiglie ne siano informate.

I genitori hanno poi visto respinte le richieste di riunirsi con tutti gli altri per discutere insieme della scelta, così come della proposta di acquistare libri di alternativi, nonché di svolgere il progetto di lettura facendo a meno di quel libro. Intanto nelle riunioni con le insegnanti e con i responsabili della cooperativa i genitori hanno chiesto semplicemente che i propri figli non abbiano alcun contatto con il libro, ribadendo il proprio diritto di scelta su questioni educative così delicate. La cooperativa ha però rifiutato ancora di dare garanzie scritte che il libro non venga sfogliato autonomamente dai bambini le cui famiglie non vogliano.

Nel frattempo i genitori coinvolti vengono messi sempre più all’angolo e contro di loro inizia addirittura una campagna denigratoria sui social da parte di altri genitori, con tanto di richiesta di raccolta firme. Conseguenza del pensiero unico che avanza, per cui, chi dissente da un modello educativo o familiare viene fatto passare per oscurantista e discriminante. Un clima difficile per queste famiglie, che in passato si erano sempre trovate benissimo nella scuola, sia con educatrici che con gli altri genitori. L’episodio ha persino indotto una famiglia a ritirare il figlio dalla struttura, una scelta davvero grave e sofferta”.

Sarà il caso di puntualizzare che quei genitori ‘dissidenti’ non pretendevano di imporre nulla agli altri. Hanno solamente chiesto di non essere discriminati per le proprie scelte educative.

Ma il gender s’impone, come ogni ideologia, attraverso la violenza e la sopraffazione.

È tuttavia consolante il fatto che alcuni genitori si ribellino al pensiero unico dominante. È fondamentale però che essi facciano rete e si appoggino alle associazioni, come hanno fatto quelli di Settecamini.

L’osservatorio nazionale del Comitato Difendiamo i Nostri Figli si impegna a segnalare al Ministero dell’Istruzione i casi in cui, come ha ribadito con la circolare del 15 settembre il MIUR, si promuovano “pensieri o azioni ispirati ad ideologie di qualsivoglia natura“.

Tutte le attività che vertono su temi educativi ‘sensibili’ devono essere preventivamente concordate con i genitori ed eventualmente restare facoltative, in quanto ‘extracurricolari’, anche se si svolgono in orario scolastico.

Questo vale per tutti i minorenni e ancor di più per i bambini da 0 a 3 anni che, non frequentando la scuola dell’obbligo, svolgono attività di sua natura extracurricolare.

Redazione

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