04/06/2020 di Luca Scalise

Fu cacciato da Ikea per presunta omofobia. Ora a rischiare è chi lo licenziò

Nel 2019 avevamo parlato di un dipendente di Ikea che, in Polonia, era stato licenziato per aver manifestato la sua contrarietà rispetto ad un’iniziativa aziendale pro Lgbt. Come motivo del dissenso non aveva addotto alcun giudizio irrispettoso della dignità altrui, ma aveva semplicemente citato la Bibbia in due dei versetti che ritengono scandalose le pratiche omosessuali.

Aver espresso il suo pensiero solo su degli atti e non su persone gli costò il licenziamento. Ciò è sufficiente per poter affermare che in alcuni ambienti vige la discriminazione contro chi non la pensa allo stesso modo rispetto ai sostenitori dei “diritti Lgbt”.

È, dunque, in pericolo la libertà di espressione e, nel caso in essere, anche la libertà religiosa, in quanto, come affermavano gli avvocati del dipendente, quel commento rappresentava solo  la «una visione riferita ai valori cattolici, all’insegnamento sull’omosessualità della Chiesa Cattolica». Ora pare che il responsabile del licenziamento di quel dipendente polacco rischi una condanna. 

Nella società odierna, però, non v’è solo il pericolo che siano discriminati i pro family, ma anche che vengano criminalizzati. Come spiegava Gianfranco Amato, presidente di Giuristi per la Vita, nell’audizione sul ddl omofobia, riportata da La Nuova Bussola Quotidiana, «Non esiste una definizione di omofobia a livello legislativo e non v’è una definizione medica. Eppure, si pretende di introdurre un reato sulla base del concetto indefinibile di “omofobia”. Introdurre un reato senza definirne il suo presupposto giuridico è tipico dei sistemi totalitari. La proposta di legge Zan sull'omofobia porterà evidenti conseguenze sul piano della libertà religiosa e d’educazione».

Ovviamente ogni persona dev’essere rispettata, chiunque essa sia. Esprimere, però, il proprio pensiero critico su determinate condotte o ribadire la scienza, anche lì dove è in contrasto con l’ideologia gender, è pura e rispettosa libertà, non “discriminazione”.

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