12/04/2024 di Luca Marcolivio

Francia: dopo l’aborto continua la deriva di morte. Ora avanza l’eutanasia

In Francia è in atto la più grande offensiva della cultura della morte che si sia mai vista in un solo Paese. Se lo scorso marzo, il riconoscimento dell’aborto come diritto costituzionale ha destato la sua buona dose di scalpore, facendo storcere il naso persino a qualche pro-choice moderato, l’imponente strategia ultra-radicale continua a muoversi lungo una pluralità di direzioni. Dopo l’estensione del diritto alla procreazione assistita, l’Assemblea Nazionale è in procinto di discutere anche un testo sul fine vita, già presentato in Consiglio dei ministri lo scorso 10 aprile.

Come avvenuto in Italia con i vari casi Welby, Englaro e DJ Fabo, anche Oltralpe, il dibattito su questi temi è stato fortemente condizionato dai “casi umani” estremi. Uno su tutti: quello di Vincent Lambert, destinato all’eutanasia dalla moglie, contro il volere dei suoi genitori. Ha avuto meno eco all’estero, sollevando però forti discussioni nel Paese, la lettera aperta di J.J., un settantenne malato di un cancro incurabile, che si è rivolto al presidente Emmanuel Macron, riferendo del proprio rammarico di doversi recare oltreconfine per sottoporsi ad eutanasia.

Attualmente in Francia è legale soltanto la sedazione profonda, mentre non sono consentiti l’eutanasia e il suicidio assistito. Il disegno di legge appena presentato imprime però un’evoluzione, denominandosi con l’edulcorato termine di “morte assistita”. Nella bozza, si legge: «L’assistenza alla morte consiste nella somministrazione di una sostanza letale, effettuata dalla persona stessa o, quando la persona non è fisicamente in grado di farlo, da un medico, un infermiere o una persona volontaria da essa designata». Tale procedimento potrà essere consentito ad una serie di condizioni: il malato deve innanzitutto essere affetto da una patologia incurabile che minacci la sua vita «a breve termine (qualche giorno o qualche settimana, secondo la definizione dell’Alta Autorità di sanità, ndr) o a medio termine (da sei mesi a un anno)». Una palese vaghezza che aprirebbe a interpretazioni tutt’altro che restrittive della legge. Inoltre, Il paziente deve anche essere perfettamente in grado di esprimere i suoi desideri. Questo criterio esclude quindi i pazienti affetti da Alzheimer o da altre demenze, anche se hanno compiuto la loro scelta prima del deterioramento delle proprie capacità mentali. La sofferenza, sia fisica che psicologica, deve risultare «insopportabile e refrattaria alle cure».

Il paziente che desidera morire deve rivolgersi a un medico: se quest’ultimo si rifiuta o suggerisce le cure palliative, sarà possibile chiedere il parere di due ulteriori figure: un medico specialista che non conosce il paziente, e un caregiver non medico (infermiere), possibilmente tra quelli che hanno accompagnato il paziente. Il primo medico, che potrà richiedere altri pareri, avrà poi 15 giorni per esprimersi. Spetterà solo a lui decidere. Il paziente ritenuto idoneo avrà poi due giorni di tempo per confermare la propria scelta. Potrà allora «beneficiare di una prescrizione del prodotto letale valida per tre mesi», ha sottolineato il ministro della Salute e della Solidarietà Comune Catherine Vautrin. Il paziente avrà quindi tre mesi di tempo per portare a termine il suo atto; in caso contrario, dovrà essere effettuata una nuova perizia.

La procedura è vicina a quella applicata in Belgio dal 2002, anno in cui è entrata in vigore l’eutanasia. Eppure, tra mille sofismi, il ministro Vautrin insiste nell’affermare che non si tratterà di eutanasia, perché significherebbe «uccidere qualcuno con o senza consenso». Al contrario, nel disegno di legge per la morte assistita il consenso c’è, essendo il paziente l’artefice della richiesta. «Per quanto riguarda il suicidio assistito, non si tratta di suicidio perché la persona ha bisogno di un parere medico che gli dia accesso alla morte assistita o meno. Se il parere è negativo, non è possibile richiedere assistenza per morire», conclude Vautrin. Tanti distinguo di carattere tecnico-metodologico che però non cancellano una grande amara verità: la civiltà della morte avanza a grandi passi.

 

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