13/11/2020 di Manuela Antonacci

Corsi sul gender per giornalisti. Pillon: «Rieducazione delle neolingua»

Dei veri e propri corsi di rieducazione, stavolta per i giornalisti, quelli finanziati dal dipartimento Pari Opportunità di Palazzo Chigi per istruire in modo politicamente corretto, i giornalisti in materia di immigrazione e realtà LGBT. Una vera e propria “rieducazione linguistica” finalizzata ad eliminare qualunque espressione possa risultare “poco gradita” o poco allineata al pensiero del mainstream. Uno sforzo ideologico che, peraltro ha richiesto finanziamenti pubblici.  Una questione della quale abbiamo parlato con il senatore Simone Pillon.

 

Ultimamente il dipartimento delle Pari Opportunità di Palazzo Chigi ha deciso di finanziare una serie di corsi dedicati al lessico "politicamente corretto" in tema di immigrazione e mondo Lgbt. E’ prevista la partecipazione di almeno 500 giornalisti. In teoria lo scopo dei corsi sarebbe quello di evitare espressioni che possano essere percepite come offensive o addirittura “divisive”. Soffermiamoci un attimo sull’iniziativa. Cosa ne pensa?

«Siamo nella piena realizzazione della neolingua e dell’imposizione della neolingua a tutti i canali comunicativi, come se non fosse già abbastanza permeato il mondo del giornalismo, dal pensiero unico e dal politicamente corretto. Semmai dovremmo insegnare ai giornalisti a recuperare la verità delle cose, dovremmo insegnare ai giornalisti la deontologia professionale o a raccontare fatti senza metterci tentativi di indottrinare la gente. Invece, al contrario, andiamo sempre di più verso un giornalismo di parte, che dev’essere fermo su un pensiero unico che si deve imporre alla gente, ma credo che la miglior prova di questo sia dato dalle elezioni americane. Con un presidente degli Stati Uniti che è stato dichiarato sostanzialmente soppiantato dalla stampa, prima ancora che ci fossero le basi giuridiche per poterlo fare. Sembra che qualcuno pensa di poter usare il giornalismo come un’arma per poter condizionare le masse e convincerle ad uniformarsi ad un certo tipo di pensiero».

Per questo corso improntato ai criteri del politicamente corretto, sono stati stanziati 78.000 euro, mentre per il ddl Zan e la rieducazione gender nelle scuole, ben 4 milioni di euro. Ciò la dice lunga su quali siano le priorità di questo governo, di fronte ad una crisi economica e ad una crisi sanitaria senza precedenti?

«La cosa interessante è che ieri ho fatto notare in Aula che i soldi per far le cose che dicono loro si trovano, ma quando si tratta di sostenere la famiglia e la natalità continuano a dirci che non ci sono risorse, che non siamo ancora in grado, che mancano le coperture. Allora non si nascondano più dietro le bugie, vogliano finalmente ammettere che la cancellazione e il superamento della famiglia è un loro programma politico, lo dicessero a chiare lettere, poi andassero a prendere i voti dalla gente affermando questo loro intento, ma smettessero di prendere in giro gli italiani dicendo che loro sono per la famiglia e poi invece fanno di tutto per cancellarla, sia dal punto di vista ideologico che dal punto di vista economico».

Poi il Dipartimento per le Pari Opportunità ha anche deciso di finanziare due convegni all’interno della decima edizione di «Divergenti Festival Internazionale di Cinema Trans» previsto dal 19 al 28 novembre a Bologna. La spesa è di 9 mila euro in questo caso. Il primo convegno è su «Transessualismo nei processi migratori», il secondo sul tema «Archivi di storia trans». Ma i convegni non sono vietati?

«Innanzitutto non ho ben capito in che modalità si svolgeranno questi convegni o se si tratta di una semplice marchetta per finanziare amici o amici degli amici, quello andrà assolutamente approfondito e lavorerò ad un’interrogazione parlamentare per capire come vengono utilizzati le risorse pubbliche. Nel merito, con tutto il rispetto per le persone, piantiamola però con le ideologie. Anche in questo caso, tutta l’ideologia che ruota intorno al transessualismo, intanto viene fortemente criticata anche da ambienti della sinistra femminista radicale che vedono tutte le loro conquiste sociali gettate alle ortiche nel momento stesso in cui non siamo più in grado di dare una definizione di maschio e di femmina, di uomo e di donna perché tutto è sottoposto alla semplice autopercezione del soggetto. Inoltre, proprio questa mattina, parlavo di quanto sta accadendo in questi giorni in Gran Bretagna, dove tutte le folli politiche transessualiste, genderiste sono state portate avanti in questi anni, si sono finalmente scontrate con la realtà delle cose e sono sempre di più i casi delle persone che hanno inizialmente cambiato sesso anche in tenerissima età, ricorrendo spesso agli inibitori della pubertà e oggi chiedono, non solo di tornare al loro corpo naturale, ma chiedono anche di essere risarciti dallo stato per i danni che hanno subito a seguito di una transizione effettuata quando erano ancora minorenni. Allora, se questo accade in Gran Bretagna, perché noi dobbiamo attraversare il calvario? Abbiamo già davanti quelle che sono le conseguenze della nuova follia genderista, fermiamoci prima, siamo ancora in tempo».

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