18/01/2024 di Fabio Piemonte

Fine vita, i Radicali all’attacco. Ecco le Regioni che rischiano di cadere nel baratro

In Veneto la proposta di legge sul fine vita non è passata (è stata rimandata in Commissione dopo la bocciatura di due dei cinque articoli del pdl), ma sono tante le Regioni che si preparano ad affrontare – o potrebbero farlo - tale materia. Regioni sotto l’attacco di radicali e progressisti che, ovviamente, si auspicando esiti differenti dal Veneto, così da aprire definitivamente nel Paese le porte all’eutanasia.

Sebbene non sia stata ancora calendarizzata, la proposta di legge promossa dall’Associazione Coscioni è già sul tavolo del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna che potrebbe iniziare a discuterla a febbraio prossimo. «È una grande responsabilità e un grande impegno per l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna esprimersi su provvedimenti così complessi e sensibili. Con implicazioni etiche, tecniche e normative. Ma davanti al tema della dignità dell’uomo nel fine vita, alle decisioni da prendere nei momenti più difficili di un’esistenza, non ci si può tirare indietro. Siamo una grande Assemblea legislativa e sapremo comportarci di conseguenza», affermava ormai un anno fa Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa, commentando l’ammissibilità di tale proposta popolare depositata nel luglio 2023 con 7.300 firme.

In Lombardia oltre 8.000 firme raccolte saranno depositate in questi giorni. In Piemonte, invece, la proposta di legge sul fine vita ne ha raccolte 11.000 ed è all’esame della commissione consiliare Sanità, la quale ha chiesto un parere tecnico all’ufficio legislativo del Consiglio regionale. Nel frattempo la stessa commissione attende il vaglio delle consultazioni online e di ulteriori audizioni di esperti in presenza.

E ancora in Basilicata, Calabria, Lazio, Marche e Sardegna la proposta è stata depositata tramite l’iniziativa dei consiglieri regionali o per iniziativa dei Comuni, cosa che è in fieri anche in Campania, Umbria, Molise, Trentino Alto Adige. In Toscana, invece, l’iniziativa popolare è in corso, mentre in Valle d’Aosta si attende il deposito delle firme da parte dei consiglieri regionali.

In Abruzzo la medesima proposta è invece ferma in Commissione e, considerata l’imminenza delle elezioni regionali, è molto probabile che, per questa legislatura, non se ne faccia nulla. In Friuli Venezia Giulia sempre la stessa proposta, depositata già ad agosto 2023 e discussa in Commissione Sanità, pare sia stata accantonata almeno temporaneamente, essendosi verificata una spaccatura tra gli auspici del centrosinistra e un certo scetticismo del centrodestra che, relativamente al metodo, valutava come impercorribile la strada di una legge regionale. Eppure, nonostante lo stesso governatore Massimiliano Fedriga si sia espresso nel merito per un rafforzamento delle cure palliative e della terapia del dolore per i malati terminali, dopo diverse mozioni si è giunti ugualmente a un documento unitario maggiormente in linea con le istanze del centrosinistra. 

La prima regione a spianare il campo alle procedure per il “fine vita”, però, è stata la Puglia che già nel gennaio 2023 approvava una delibera di Giunta (la n. 18 del 2023), criticata in particolare per la debolezza in sé dello strumento adoperato dalla stessa Associazione Coscioni che ne ha promosso la raccolta firme. Di qui è ora all’esame la proposta avanzata dal consigliere e commissario regionale di Azione Fabiano Amati, il quale auspica che la sua Puglia possa diventare la «prima regione italiana ad attuare con legge regionale il procedimento indicato dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 242 del 2019», uscendo così da «uno stato di limbo ingiustificato».

Insomma soffiano in Italia impetuosi venti eutanasici sospinti dall’Associazione “Luca Coscioni” che chiede con insistenza «controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti» per rispondere alle richieste di suicidio medicalmente assistito, cercando così di conciliare il diritto (o meglio la pretesa) all’autodeterminazione con l’interesse del bilancio economico dello Stato. A questi venti continua però a contrapporsi una “cultura della vita” che in nome della tutela della dignità del paziente non elimina il sofferente, ma è disponibile ad accompagnarlo con autentica compassione e le doverose cure fino alla sua morte naturale senza accanimento terapeutico né eutanasia.

 

 

 

 

 

 

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