07/05/2025 di Luca Marcolivio

Fine Vita. Governo ha pochi giorni per ricorso contro legge Toscana. E intanto nel resto d’Italia. . .

Il vuoto legislativo sul fine vita, che sussisteva fino a pochi anni fa in Italia, si sta evolvendo in un coacervo di proposte – nazionali e regionali – spesso in contraddizione tra di loro e, in molti casi, più dannose della vacatio legis che intendono colmare. Più dannose sostanzialmente perché sono numerose le proposte di legge pro-Morte, in particolare spinte dai Radicali, ma non mancano i casi in cui le spinte eutanasiche sono state respinte. Il tutto con, sullo sfondo, il caso Toscana, dove per la prima volta una legge regionale sul tema è stata approvata e contro la quale il Governo ha ancora pochi giorni per ricorrere presso la Corte Costituzionale, come tra l’altro chiede una petizione di Pro Vita & Famiglia le cui firme - oltre 31mila - stanno per essere oggi consegnate dal presidente della onlus, Antonio Brandi, proprio a Palazzo Chigi.

Cosa sta succedendo in Parlamento

Innanzitutto partiamo dalla questione nazionale, dunque dal Parlamento. Lo scorso dicembre, al Senato della Repubblica, è stato infatti depositato il ddl Bazoli, che intende recepire gli indirizzi della sentenza n° 242/2019, in cui la Corte Costituzionale sollecita il Parlamento a legiferare in materia. La bozza prende in considerazione i pazienti le cui condizioni sono irreversibili e con prognosi infausta: per costoro sarebbe previsto il ricorso a una «morte volontaria medicalmente assistita», nonché sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale. Per i medici che non vogliano prender parte alla procedura, è prevista l’obiezione di coscienza. Una proposta - va da sé - assolutamente inaccettabile e mortifera, che ci auguriamo la maggioranza di centrodestra bocci sonoramente e senza vacillare, come tra l’altro ci si aspetta da chi - appunto il cdx - ha da sempre detto di essere in prima linea proprio nella difesa della Vita in ogni sua fase e condizione.

La pressione eutanasica dei Radicali

Diversa e maggiormente improntata al presunto diritto di autodeterminazione sulla propria vita, è la proposta dei Radicali (segnatamente dell’Associazione “Luca Coscioni”) per il suicidio assistito propriamente detto. Lo spunto è fornito anch’esso dalla sentenza n 242/2019 della Consulta. La proposta di legge dei Radicali stabilisce innanzitutto la creazione di una Commissione medica multidisciplinare permanente per la verifica dei requisiti (irreversibilità, sostegno vitale, situazione intollerabile per il paziente, capacità di intendere e di volere). Tale Commissione dovrebbe verificare la sussistenza di tali condizioni entro venti giorni dalla richiesta dell’aspirante “suicida”.

Le proposte di legge nelle Regioni

La strategia dei Radicali, a differenza del ddl Bazoli, non ha come via maestra il Parlamento, bensì le Regioni. A riguardo, una serie di proposte di legge regionali sono state presentate in tutta la Pensiola, tranne che in Trentino-Alto Adige. I casi più noti sono quelli delle regioni dove la proposta è stata accolta o - al contrario - bocciata dal consiglio regionale. In cinque di esse (Lombardia, Piemonte, Veneto, Basilicata e Umbria), la presenza di maggioranze di centrodestra ha favorito il respingimento delle rispettive proposte. In Lombardia, il progetto di legge dell’Associazione Coscioni è stato bocciato nel novembre 2024 dal Consiglio Regionale, nonostante in seguito, lo scorso marzo, il governatore Attilio Fontana abbia espresso il proprio favore alla norma, andando allo scontro con la propria maggioranza. Qualcosa di analogo è avvenuto in Veneto dove, alla fine del 2023, il centrosinistra ha appoggiato la proposta radicale, con la complicità del governatore Luca Zaia, anch’egli in contraddizione con la propria maggioranza e con gran parte del proprio partito, la Lega. Più lineare è stato l’iter in Piemonte, dove il governatore Alberto Cirio e la maggioranza di centrodestra si sono mostrati compatti nel respingere la deriva eutanasica.

Deriva in Toscana ed Emilia-Romagna

Diverso l’esito nelle uniche due regioni italiane ininterrottamente governate dal centrosinistra dal dopoguerra ad oggi: la Toscana, dove il disegno di legge sul suicidio assistito è stato approvato, e l’Emilia-Romagna, dove un simile provvedimento - seppur tramite delle delibere - è stato sospeso dal Tar, a seguito del ricorso della consigliera regionale di Forza Italia, Valentina Castaldini.

Una norma incostituzionale

Come ribadito anche da Pro Vita & Famiglia (e confermato alla nostra testata anche dal giurista Aldo Rocco Vitale), l’approvazione di una qualunque norma regionale che permetta il suicidio assistito è incostituzionale, trattandosi di una materia di esclusiva competenza statale. Ciò rende necessario - nel caso già citato della Toscana - un ricorso del governo alla Corte Costituzionale che, se interpellata, con tutta probabilità, boccerebbe tale legge, o almeno è quanto ci si augura. È anche per questo che Pro Vita & Famiglia, come già detto, tramite una delle sue petizioni, ha sollecitato l’Esecutivo ad intervenire presso la Consulta, affinché rimuova il vulnus prodotto dalla regione amministrata da Eugenio Giani e produca di fatto un precedente che indichi la strada al Tar - per la questione emiliano-romagnola - e a tutte le altre regioni dove tali proposte mortifere sono calendarizzate o in discussione.

 

 

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