Figlio di una madre morta, della nonna e di un estraneo? Oggi, con la fecondazione artificiale è possibile.
E’ innegabile che il progredire delle conoscenze tecnico scientifiche abbia permesso il raggiungimento di mete insperate. Ma è grande il rischio di una deriva scientista, in cui la potenza dei ricercatori si sostituisce a Dio e la dignità dell’uomo viene sacrificata sull’altare della sperimentazione a oltranza. Il tutto consacrato dal plauso di istituzioni nazionali e sovranazionali, progressiste e politicamente corrette.
Si può pensare di divenire genitori anni dopo essere morti? La traccia di un romanzo distopico? Ebbene, “benvenuti” nell’incubo.
Il Corriere.it è tra quelli che riporta la notizia in modo abbastanza neutro e distaccato.
Anni fa, una giovane inglese si vide diagnosticare un cancro intestinale. La donna, non ancora trentenne, decise di avvalersi della facoltà di far congelare i propri ovociti in vista di una possibile futura fecondazione artificiale, poiché la malattia e le terapie mettevano a rischio la sua fecondità. Purtroppo, a causa del tumore, la donna perse la vita quattro anni fa.
La cinquantanovenne madre della defunta chiede ora che le venga impiantato in utero un embrione ottenuto da un ovocita della figlia fecondato con sperma comprato (non dobbiamo adattarci a chiamare i venditori di gameti “donatori”: non donano proprio niente), sostenendo che questo sia stato il desiderio espresso dalla figlia prima di morire.
Perché no? La giovane morta ha pieno diritto ad avere un figlio poiché ormai tutti hanno diritto a un figlio, incondizionatamente: coppie sterili, single, coppie omosessuali et. al.
Nel Regno Unito nessuna clinica si è resa disponibile per effettuare una simile operazione d’impianto ma, in soccorso della nonna, una clinica americana ha prontamente accettato il progetto a fronte del “modesto” compenso di 60 mila sterline.
Tutto filerebbe liscio, se non vi fosse l’opposizione della “Human Fertilisation Embriology Authority” che ha rifiutato di concedere l’esportazione dell’ovocita. Qualcuno potrebbe tirare un sospiro di sollievo davanti alla resistenza della HFEA, se non fosse che il motivo addotto non è morale: il rifiuto è stato per la mancanza di una dichiarazione scritta della madre defunta. Tuttavia la cinquantanovenne non intende desistere e ha presentato ricorso alla Corte suprema del Regno Unito per ottenere l’autorizzazione all’espatrio degli ovociti.
Qualora la Corte dovesse accogliere la richiesta, chi avrà il coraggio di comunicare al figlio che la madre naturale è morta anni prima della sua nascita, che la madre gestante è anche sua nonna e che il padre è un gentil signore sconosciuto?
Benvenuti nel mondo del progresso, dove i diritti fondamentali dei bambini vengono negati e soppressi in nome dei “desideri” individuali degli adulti. Anche defunti.
Elia Buizza