02/05/2023 di Luca Marcolivio

Eutanasia. Rocchi (Corte Cassazione): «Ma quale autodeterminazione, molti vengono uccisi contro la propria volontà»

Non sono frequentissimi i confronti diretti tra pro-life ed esponenti della cultura radical-libertaria. In tal senso, un esempio è stato il dibattito tenuto lo scorso 20 aprile a Fiorenzuola presso il Centro Ricreativo “Il sorriso di Alessio”. Vi hanno partecipato, in rappresentanza di Pro Vita & Famiglia, Giacomo Rocchi, magistrato e consigliere presso la Corte di Cassazione, e, in rappresentanza dell’Associazione Luca Coscioni, Michele Bellini. All’indomani della tavola rotonda, a freddo, Rocchi ha riferito a Pro Vita & Famiglia di questa esperienza.

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Dottor Rocchi, durante il dibattito a Fiorenzuola dello scorso 20 aprile, quali sono le argomentazioni che i rappresentanti dell’Associazione Luca Coscioni hanno posto in evidenza?

«“Autodeterminazione” è la parola d’ordine dell’Associazione Luca Coscioni e di tutti i sostenitori dell’eutanasia legale ma, in realtà, è un inganno, e lo dimostra il modo in cui, in vari Paesi del mondo, la stessa eutanasia è stata legalizzata. Io stesso, al dibattito, ho menzionato il caso di Eluana Englaro sul quale ho anche scritto un volumetto [Il caso Englaro. Le domande che bruciano, Edizioni Studio Domenicano, 2009, ndr], per dimostrare come, fin dall’inizio, quella vicenda fu presentata come un trionfo dell’autodeterminazione, mentre, al contrario, si trattava dell’uccisione di una disabile, fatta morire proprio in ragione della sua disabilità: la sua morte era stata autorizzata proprio dal suo tutore legale, che la riteneva morta fin dal giorno dell’incidente. Al pari di Eluana, tantissime altre persone sono state accompagnate a un’uccisione che loro stesse non avevano chiesto, né voluto. Ho menzionato il caso dei bambini in Gran Bretagna [Charlie Gard e Alfie Evans, ndr], quello della giovane depressa fatta morire in Olanda, quello di Vincent Lambert in Francia, ecc. Tutto questo per sottolineare che, in realtà, il tema non è quello dell’autodeterminazione, in base al quale ognuno dovrebbe poter decidere della propria vita e della propria morte, ma in realtà riguarda la dignità irrinunciabile di qualunque persona, a prescindere dalla condizione in cui essa versa».

Quanto all’Italia, oltre al caso Englaro, quali altri scenari critici ha citato?

«Ho accennato al fatto che, grazie alla Legge 219/2017 sulle disposizioni anticipate di trattamento, è possibile determinare la morte di persone che non l’hanno chiesto, qualora i genitori o i tutori degli interdetti chiedano per loro la sospensione delle terapie salvavita. Le disposizioni anticipate di trattamento sono una contraddizione, perché, in realtà, consegnano il destino dei pazienti nelle mani di medici che nemmeno li conoscono e che li vedranno per la prima volta ormai privi di conoscenza. Ho parlato anche del referendum dei Radicali, di cui ho spiegato perché, nonostante il milione e 200mila firme ricevute, sia stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Ho dimostrato, quindi, usando le parole della Corte Costituzionale stessa, che, contrariamente a quanto affermavano i sostenitori del quesito, il referendum permetteva l’uccisione, su richiesta di qualunque persona, per qualunque situazione».

Com’è stato il dibattito? Ha riscontrato ostilità?

«Sì, c’era una certa ostilità di fondo che si concentrava soprattutto sulle sofferenze al momento della malattia grave e in vicinanza della morte. In realtà, però, non è questo il tema, perché esistono anche le cure palliative e la terapia del dolore, di cui siamo d’accordo tutti sul fatto che andrebbero favorite. Da parte dell’Associazione Luca Coscioni, però, ho colto un’ansia di nascondere la vera realtà, ovvero che ci sono persone – malati mentali, ad esempio – che non hanno mai chiesto di essere soppressi e che invece hanno fatto questa fine. È come se volessero attribuire a coloro che si oppongono alla legalizzazione dell’eutanasia la volontà di impedire una morte dignitosa. Ovviamente sappiamo bene che non c’è niente di vero in tutto questo, così come sappiamo bene che molte persone hanno vissuto il dolore di avere genitori, parenti, amici che si sono ammalate gravemente e sono morte. Ciononostante, non ho potuto non dire la verità su questo e su altri temi come l’aborto: anche qui c’è un’ostilità fortissima rispetto a chi dice esplicitamente che parliamo dell’uccisione di un piccolo essere umano che nel grembo della mamma è felice. Metterli di fronte a questa realtà li ha fatto arrabbiare… Tirando le somme è stato un dibattito molto acceso in cui è stato difficile fare capire fino in fondo i motivi dell’opposizione all’eutanasia legale, proprio perché, in realtà, la linea dell’associazione Luca Coscioni era tutta puntata sul tema della sofferenza a conseguenza di una malattia grave o della morte, quando invece il tema è molto più ampio. Credo però che molti concetti che le persone non sono più abituate ad ascoltare siano stati detti, quindi, chi voleva, li ha recepiti».

 

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