09/11/2015

Eutanasia – Quando a vincere è la morte (in Germania e altrove)

Anche in Germania sarà possibile procurare deliberatamente la morte dei pazienti che chiedono di porre fine ai propri giorni.

Venerdì 6 novembre, come abbiamo già detto, con 360 favorevoli contro 233 contrari, il parlamento tedesco ha dato il via libera al testo che prevede la legalizzazione dell’eutanasia per motivi “altruistici” e la reclusione da uno a tre anni per coloro che agiscono invece per ragioni “commerciali”.

Non è difficile immaginare che il provvedimento, frutto di un compromesso tra chi voleva la depenalizzazione senza condizioni e chi al contrario si opponeva fermamente ad ogni tipo di introduzione dell’eutanasia nell’ordinamento giuridico tedesco, diventerà presto lo strumento per ogni tipo di abuso applicativo della cosiddetta ‘dolce morte’. Basta osservare cosa è accaduto negli Stati che hanno dato il via libera a eutanasia e suicidio assistito per capire dove arriverà ben presto la sfera che, grazie all’impulso iniziale di una legge, inizia a rotolare sul piano inclinato della morte su richiesta.

Notizie ProVita ha già parlato nei mesi scorsi, a più riprese, del caso belga. Il Belgio si è dotato nel 2002 di una legge che prevede l’applicazione dell’eutanasia: da allora il fenomeno è fuori controllo (l’aumento delle morti procurate è stato vertiginoso, testimoniando una sempre maggiore accettazione sociale dell’eutanasia) e per la prima volta, solo quest’anno, la Commissione di valutazione dell’eutanasia ha rimandato al giudizio di un pubblico ministero l’operato di un medico che ha ucciso una donna semplicemente perché “stanca di vivere”.

L’aumento costante dei casi è il comune denominatore ovunque l’eutanasia è legge. In Olanda (la cui legge risale anch’essa al 2002), solo negli ultimi 5 anni si è passati da 3136 casi (2010) a 5306 (2014). Va ricordato, poi, che l’Olanda è anche la patria dell’eutanasia infantile, col tristemente celebre Protocollo di Groningen elaborato dal dottor Verhagen, che sistematizza l’approccio eutanasico sui neonati. Poco più di due anni fa, la Royal Dutch Medical Association ha introdotto tra i nuovi criteri di applicabilità della morte procurata la sofferenza dei genitori: se babbo e mamma non sono in grado di sopportare la vista del figlio sofferente, l’eutanasia dovrebbe diventare una delle opzioni da vagliare.

cultura_morte_eutanasiaNon fanno eccezione neppure gli Stati Uniti, dove la storia dello Stato di Washington e dell’Oregon è del tutto analoga. In particolare l’Oregon è tra i pionieri dell’eutanasia legale: la legge risale infatti al 1998, quando si registrarono 16 casi. Furono 27 l’anno successivo, 60 nel 2008, ben 105 l’anno scorso. Nello Stato di Washington i numeri sono altrettanto espliciti: 64 morti procurate nel 2009, salite poi a 86 (2010), 102 (2011), 121 (2012), 169 (2013) e 170 (2014). Ha seguito da ultimo la California.

Ma oltre che su una (facile) previsione del futuro, per quanto riguarda la Germania è opportuno anche voltarsi indietro, al passato più o meno recente. Non va dimenticato che la Germania è stata la patria del nazismo e di quel programma passato alla storia come Aktion T4, che prevedeva l’applicazione sistematica a malati e disabili. Ogni volta che l’argomento dell’eutanasia torna d’attualità, la ferita mai rimarginata sanguina nuovamente. Ma, evidentemente, la storia non sempre è maestra di vita. La marcia tedesca verso l’eutanasia è stata paziente e decisa: nel 2009, dopo anni di discussioni, il Bundestag con 320 voti a favore e 240 contrari approvò il progetto di legge che regola il testamento biologico. Con tale provvedimento, passato poi anche dall’altro ramo del parlamento, i medici erano obbligati ad eseguire le volontà precedentemente espresse dai pazienti.

Successivamente, la strategia dei sostenitori dell’eutanasia si è concentrata – come spesso accade – su casi particolari e sulla battaglia legale che ne scandisce l’evolversi fino agli esiti desiderati. Così, nel giugno 2010, il Bundesgerichtshof, la Corte federale di giustizia tedesca con sede a Karlsruhe, assolse Wolfgang Putz, incriminato per omicidio colposo per aver consigliato alla figlia di Erika Küllmer, una ultrasettantenne in stato vegetativo da cinque anni, di recidere il sondino col quale la donna veniva alimentata ed idratata. Una sorta di via libera, dunque, all’eutanasia passiva.

Nel 2012, grazie all’esposto di Ulrich Koch contro il governo tedesco, reo a suo dire di non aver garantito alla moglie la dose di pentobarbital necessaria per suicidarsi, la Corte europea dei diritti dell’uomo fu chiamata ad esprimersi sul caso denominato appunto “Koch v. Germany”. Secondo la Corte, nel caso specifico, risalente al 2004, lo Stato tedesco aveva violato il diritto alla vita privata familiare sancito dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani e avrebbe dovuto quantomeno prendere in esame la richiesta dell’uomo. Una decisione forse difficilmente comprensibile per il riferimento all’articolo 8, ma in realtà chiaramente indirizzata in favore della morte su richiesta.

Pochi giorni fa, poi, l’approdo definitivo ad una legge dello Stato: pietra miliare di un percorso che si sa da dove parte e dove rischia di portare.

Carlo Cristofori

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI

 

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