11/06/2016

Eutanasia o suicidio assistito: i buoni motivi per dire NO

Per far propaganda all’eutanasia, si maschera il concetto con le più svariate trovate della neolingua. La più diffusa è parlare di “suicidio assistito”.

Abbiamo già spiegato la necessità di non cadere nella trappola dei distinguo: abbiamo invitato tutti i nostri Lettori a usare, in tutti i casi, sempre e solo  termini come ‘eutanasia’, ‘uccisione’, ‘morte’. Ci sembra troppo ‘gentile’ anche l’espressione ‘suicidio assistito’, perché i poveracci che arrivano a tanto finiscono comunque morti ammazzati da qualcuno.

Fatta questa essenziale premessa, ci sembra utile rilanciare la preziosa sintesi, che ci offre LifeSiteNews,  dei principali buoni motivi per opporsi all’eutanasia in modo netto e radicale, senza se e senza ma.

1. L’eutanasia per i mortiferi serve a “morire con dignità”. Ma implica il morire  più velocemente. Questo non vuol dire, però, solo morire in tempo rapido, ma anche con tempi anticipati rispetto al decorso previsto dalla natura: insomma chi non muore “presto” e “prima”, non muore con dignità...

2. Il ruolo e la professione del medico non è più curare, guarire, salvare vite umane e ridurre il dolore. Se uccidere i pazienti diventa un “servizio medico” si ditrugge l’idea, la natura stessa della medicina. Allo stesso modo, la legalizzazione dell’eutanasia comporta la legalizzazione e la classificazione tra i farmaci (che dovrebbero essere deputati a curare) i veleni letali somministrati con il preciso intento di uccidere.

3. Chi versa in condizioni tali da poter richiedere l’eutanasia, ad esempio un depresso, anche se non ha intenzione di chiederla, sa che lo Stato giudica la sua vita meno degna d’essere vissuta di quella degli altri.

4. L’eutanasia, infatti, implica il giudizio dell’establishment  su quale sia una “vita degna di essere vissuta”. Di conseguenza, la vita di persone con disabilità varrà meno di quella dei normo dotati, i genitori dei bambini disabili (come accade in Belgio) si sentono responsabili di arrecare un peso, un danno alla società, tenedo in vita i loro figli. La mentalità eugenetica già in voga per i bambini non ancora nati con l’aborto “terapeutico” si estenderà a tutte le persone – piccole e grandi – che vivono con delle “imperfezioni” (prima o poi elimineremo i grassi, i brutti?...).

5. Quando qualcuno soffre di una condizione psichiatrica che consente di chiedere l’eutanasia, si comincia a parlare di “diritto” a morire così come si parla ormai di diritto ad abortire. E così ben presto si comincerà ad accusare di calpestare gli altrui “diritti” coloro che tentano di dissuadere le persone dal voler morire, alla stregua dei “criminali” che tentano di offrire alle donne alternative concrete all’aborto. Il “diritto di morire” mina alle fondamenta il diritto alla vita. E’ con esso incompatibile: è un assurdo giuridico.

6. L’eutanasia mette le persone più vulnerabili ancora più a rischio: tutti coloro che si sentono “inutili” – magari per una questione momentanea – saranno indotti a chiedere l’eutanasia.

7. L’aver dato a qualcuno (Stato, giudici, medici) il diritto di uccidere è rapidamente degenerato: nei Paesi del Nord Europa molte persone stanno diventando vittime della “eutanasia involontaria”.

8. Dare a qualcuno il diritto  di uccidere è stupido come è pericoloso: questo diritto può essere utilizzato impropriamente per coprire casi di negligenza o peggio, veri e propri omicidi premeditati.

9. In particolare, l’eutanasia spinge i genitori anziani – più o meno influenzati o indotti da figli degeneri – a togliersi di mezzo per non essere un peso e per non privare di parte del loro patrimonio i potenziali eredi. Anche i bambini possono essere facilmente influenzati circa questa soluzione rapida, economica e indolore...

10. I paletti, le clausole di salvaguardia, le regole e le norme create per delimitare le fattispecie, per prevenire gli abusi, laddove l’eutanasia è legale sono sistematicamente saltati. Le norme in questione di sono rivelate illusorie o inefficaci. Anche dove si introduce tecnicamente solo “il suicidio” assistito, si assiste in breve tempo alla pratica dell’eutanasia anche su soggetti non consenzienti, a cominciare dai bambini.

11. L’eutanasia presuppone la convinzione che non c’è niente dopo la morte, e che l’ultimo atto di omicidio o suicidio è quindi insignificante. Si dà per scontata una questione esistenziale cruciale. Della vita dopo la morte l’umanità è sempre stata convinta fin dai tempi preistorici. Il togliere o il togliersi la vita sono azioni che hanno grosse implicazioni morali. Lo Stato – per quanto laico, anzi, proprio perché “laico”, se ciò vuol dire “neutrale” – non può ignorare questo risvolto etico che appartiene alla maggioranza delle persone, a prescindere dalla religione.

Redazione


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