23/06/2018

Eutanasia non consensuale di Ines, 15 anni, in Francia

Apprendiamo con dolore che è stata eseguita la condanna a morte per eutanasia della giovane Ines, 15 anni, in coma da 1 anno, nell’ospedale di Nancy in Francia.

Giovedì scorso, 21 giugno, poco dopo mezzogiorno, la ragazza ha smesso di respirare: erano trascorse 40 ore da che le avevano staccato il respiratore.

I genitori  si sono  opposti fino alla fine all’eutanasia attraverso la cessazione delle cure. Martedì, quando i macchinari sono stati staccati, la situazione era talmente tesa che è stato necessario chiamare la polizia per tenere il padre e la madre di Ines affinché non impedissero fisicamente al personale medico il distacco delle macchine. Hanno sempre creduto che la condizione della figlia non fosse irreversibile e che potesse migliorare.

Da parte sua, il team di assistenza sanitaria aveva  diagnosticato un coma senza speranza di ritorno. Dopo  una grave malattia neuromuscolare autoimmune e un attacco di cuore, dal giugno 2017, Ines era in uno “stato vegetativo persistente“: mantenerla in vita era, secondo il team dei medici, “ostinazione irragionevole”.  Il ricorso dei genitori avverso la loro decisione è stato respinto sia dal tribunale amministrativo di Nancy, che dal Consiglio di Stato, che dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

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G. Borlonr de Buschis, Il trionfo della Morte, Oratorio dei Disciplini, Clusone (BG)

Non si trattava di accanimento terapeutico. Nei mesi scorsi, l’abbiamo spiegato qui e qui. La situazione di Ines non era troppo dissimile da quella di Charlie Gard e di Alfie Evans, ma molto meno grave (infatti la poverina ha respirato da sola per 40 ore dopo il distacco delle macchine). Era gravemente handicappata, ma non era malata terminale. Aveva bisogno di assistenza e di cure, e questo basta oggi come oggi perché la Corte europea dei “diritti umani” (?) richieda ai disabili di adempiere al “dovere di morire” (togliersi di mezzo, smettere di essere un peso).

Tra l’altro dichiarare irreversibile una situazione di PSV, come quella di Ines, così giovane, e dopo così poco tempo (i medici hanno emesso la sentenza dopo appena un mese dalla crisi cardiaca) ci sembra un azzardo: è troppo facile sbagliare la diagnosi e  di risvegli dal PSV diagnosticato come irreversibile ce ne sono stati a bizzeffe… Uno proprio in Francia, nel settembre scorso.

«Ines è nostra figlia e non figlia dei medici»dicevano i genitori, chiedendo che fosse rispettata la loro patria potestà: ebbene, forse bisognerà che ci abituiamo all’idea che i figli non sono più dei genitori, sono dello Stato, che incarna sempre più, attraverso i sistemi sanitari e giudiziari, la cultura della morte.

Redazione

Fonte: L’Est

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