17/09/2019

Eutanasia, gli antesignani di questa pratica nella Germania nazista

Siamo in attesa di sapere se il Parlamento italiano si esprimerà favorevolmente o meno rispetto all’eutanasia ed al suicidio assistito. In questi giorni, gli slogan per condizionare l’opinione pubblica a riguardo si fanno sempre più martellanti e tendono per la maggior parte a presentare l’eutanasia come garanzia di libertà di scelta e morte dignitosa.

I Paesi che da anni hanno approvato queste pratiche le hanno rese legali prima solo per i malati terminali, poi per malati gravi, poi per disabili o perfino depressi. Insomma, per tutti coloro che, a detta dai sostenitori dell’eutanasia, non godono di una buona qualità della vita, ragion per cui non sarebbe un male se morissero. Sono spesso quelli che vengono chiamati “vegetali”, o quelli che, sotto sotto, sono considerati “pesi inutili”, perché improduttivi, ma che invece sono uomini e donne con una dignità da riconoscere e tutelare.

A costoro, per essere più delicati, le campagne pro eutanasia cercano di far passare l’idea che la morte rappresenterebbe il loro “migliore interesse”, giusto per non dire che le loro vite non valgono nulla e, anzi, costano. Ebbene, questa “compassione” che, invece di eliminare la sofferenza, elimina il sofferente non sembra troppo distante da quella del programma nazista “Aktion T4”. Life News, in un suo articolo, riflette proprio su questo.

"Tiergartenstrasse 4", abbreviato “T4”, è l’indirizzo di Brandeburgo «dove sono stati testati i metodi di uccisione di massa». Pochi sanno «che le prime vittime delle uccisioni di massa naziste sono state i disabili», proprio lì, presso la sede T4, «e che il suo personale ha continuato a governare e gestire i campi di sterminio a Treblinka, Belzec e Sobibor».

I disabili sacrificati furono circa 300 mila. Si trattava di un programma volto principalmente all’eutanasia, presentata sempre come pratica compassionevole. Peccato che, a beneficiare di questa “compassione” non erano tanto le persone uccise, quanto le casse del Reich.

Ecco i ragionamenti che venivano proposti alla gioventù hitleriana (e che troviamo nel sito “German Propaganda Archive”): «La maggior parte di coloro che hanno malattie e deficienze genetiche sono completamente incapaci di sopravvivere da soli. Non possono badare a se stessi ma devono essere presi in cura dalle istituzioni. Ciò costa allo Stato enormi somme ogni anno. Il costo di cura per una persona geneticamente malata è otto volte superiore rispetto a quello di una persona normale».

Forse, questi conti sono gli stessi che si stanno facendo i tanti che, come unica alternativa all’eutanasia ed al suicidio assistito, propongono ai malati cure dai costi esorbitanti, inducendoli, quindi, a scegliere la via della morte. E questa, dunque, sarebbe una scelta libera?

Uno Stato che non si preoccupa di favorire l’accesso alle cure e a tutta l’assistenza fisica e psicologica necessaria ad i sofferenti, ma con una legge che permette loro di togliersi/farsi togliere la vita, non dà forse a questi ultimi una spintarella verso eutanasia e suicidio assistito? E, allora, dov’è la libertà? Dov’è il riconoscimento della dignità dei sofferenti?

 

di Luca Scalise

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