19/05/2017

Eutanasia: dettagliata analisi della legge sulle DAT (1)

L’eutanasia in Italia è alle porte a causa dell’approvazione alla Camera del progetto di legge in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate nei trattamenti sanitari (DAT).

Da oggi rilanciamo (in più articoli) lo studio che della legge ha svolto il magistrato Giacomo Rocchi su richiesta del Comitato Verità e Vita.

Premessa

Il 23 gennaio 2017 il Comitato Verità e Vita ha diffuso un mio commento al testo del progetto di legge sulle DAT che il Comitato ristretto della XII Commissione della Camera dei Deputati aveva approvato.
Il testo ha costituito la base per i lavori della Commissione, che ha approvato modifiche. Il progetto è stato poi discusso in Assemblea e la Camera dei Deputati l’ha approvato, con ulteriori modifiche, il 20 aprile 2017. Il testo è stato trasmesso al Senato della Repubblica.
Il testo che segue commenta il progetto approvato: la sua importanza è indubbia, in quanto un progetto diventa legge quando è approvato dai due rami del Parlamento; quindi siamo a metà dell’iter previsto dalla Costituzione.
Ho rivisto il testo a suo tempo redatto, mantenendo le considerazioni che ritengo ancora valide, eliminando i riferimenti non più attuali e integrando le argomentazioni.

1. Il contenuto essenziale del progetto: la liberalizzazione dell’eutanasia, consensuale e non consensuale.

Il progetto approvato dalla Camera, ancor più di quello della Commissione, spazza via ogni equilibrismo, ogni proposta di compromesso, ogni ipocrisia.
La proposta va dritto al punto: come e quando uccidere le persone, possibilmente molte persone. Rispetto al testo che la Camera dei Deputati approvò il 12 luglio 2011 (e che fu ad un passo dall’approvazione definitiva da parte del Senato) scompaiono i proclami sul riconoscimento del diritto inviolabile ed indisponibile della vita umana, sul divieto di qualunque forma di eutanasia nonché dell’omicidio del consenziente e dell’aiuto al suicidio; la natura delle dichiarazioni anticipate di trattamento viene chiarita già nel nome, diventando esse “disposizioni”, quindi vincolanti; si indica chiaramente uno degli obiettivi prima taciuti, l’esenzione da ogni responsabilità civile e penale del medico che uccide il paziente.
Queste ipocrisie permanevano tutte nelle proposte di legge cosiddette “cattoliche”, piene di affermazioni di principio destinate a trasformarsi, nelle intenzioni dei proponenti, in “paletti” della legge, che sarebbero caduti uno ad uno. In questo caso, i paletti sono caduti prima, a dimostrazione della debolezza politica (se non dell’irrilevanza) della posizione di coloro che propongono le “DAT cattoliche”, palesemente isolati.

La Camera ha rafforzato l’ispirazione espressamente eutanasica del testo fin dalla “norma-manifesto” (art. 1, comma 1): la Commissione aveva inserito il passaggio secondo cui “la presente legge … tutela la vita e la salute dell’individuo”; l’Assemblea, non solo ha trasformato la “tutela della vita e della salute” in “tutela del diritto alla vita e del diritto alla salute”, ma ha aggiunto anche la “tutela del diritto alla dignità e all’autodeterminazione”.
Tutto è più chiaro: sul modello della legge 194 del 1978 sull’aborto, nel testo precedente si garantiva la tutela della vita e subito dopo si dettavano norme che permettevano di sopprimerla; ora, invece, la vita e la salute non vengono più tutelate dallo Stato, ma lo sono i relativi diritti che, se si considerano disponibili, comportano (nella logica dei proponenti) il loro esatto contrario: quindi, è tutela del diritto alla salute anche non prestare le terapie necessarie al paziente e farlo morire…
Non solo: il termine “dignità” è la parola-chiave per giustificare l’eutanasia dei sofferenti e dei disabili¹; infine, il richiamo all’autodeterminazione ribadisce che, appunto, l’unico obbligo è quello di rispettare le scelte del paziente, anche se portano alla sua morte.

Ancora: il nuovo testo menziona ora espressamente la possibilità (che è l’unica che davvero interessa ai proponenti) che “il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari per la propria sopravvivenza” (art. 1 comma 5), obbligando il medico a rispettarli; cosicché il rifiuto della nutrizione e dell’idratazione artificiali costituisce ormai solo un’ipotesi specifica nell’ambito di un riconoscimento più ampio del diritto di morire dell’interessato.

Occorre affermare con chiarezza che la proposta è totalmente inaccettabile e in nessun modo emendabile: la presentazione di migliaia di emendamenti si giustificherà soltanto nell’ottica di un doveroso ed apprezzabile ostruzionismo contro un testo ingiusto ed incostituzionale, ostruzionismo che speriamo verrà operato al Senato, dove la maggioranza che vuole l’approvazione di questo testo è meno solida e, quindi, potrebbe essere messa in difficoltà. Al contrario, la ricerca di un “compromesso” sarebbe utile soltanto ad attribuire visibilità ad alcuni parlamentari; questi evidenzierebbero che la legge, opportunamente ritoccata, costituirebbe “un argine a possibili futuri provvedimenti assai peggiori”: è la logica del “minor male” e del “primo passo nella giusta direzione”, già utilizzata in occasione dell’approvazione delle leggi sulla fecondazione artificiale e sulle unioni civili, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Le leggi ingiuste non permettono compromessi o cedimenti: non si può legalizzare l’uccisione di un innocente solo per determinate ipotesi fingendo che la pratica omicida non sarà estesa ad altri casi, così come non è possibile ammettere solo entro certi limiti il ricorso alla fecondazione extracorporea fingendo che la pratica non diventerà – in fatto e in diritto – totalmente libera.


1 La parola “dignità” compare in altri passaggi della proposta: nel titolo del nuovo articolo 2, relativo a “Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole delle cure e dignità nella fase finale della vita” e nelle norme sui minori e gli incapaci; in un altro passo, relativo alla disapplicazione delle DAT da parte del medico, si fa riferimento alle “concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”, espressione che, ancora, è un implicito richiamo al tema della dignità.

(continua)

Giacomo Rocchi


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