20/10/2019

“Euphoria”, la serie tv che propone droga e promiscuità

Si chiama “Euphoria” ma c’è ben poco per cui essere euforici. Si tratta, infatti, di una nuova serie televisiva americana, rivolta agli adolescenti, con contenuti talmente problematici e a rischio, da aver reso necessaria addirittura l’attivazione di una linea telefonica di supporto psicologico, nei giorni in cui va in onda il programma. In particolare, la serie è ideata da Sam Levinson per il network Hbo, in Italia in onda su Sky Atlantic e Now Tv. Il suo scopo o pseudo messaggio di fondo, sarebbe quello di presentare le vicissitudini di un gruppo di adolescenti, con la pretesa strisciante di mostrare una sorta di spaccato della vita degli adolescenti di oggi, persa tra droghe, violenza e soprattutto promiscuità.

La protagonista, infatti, è la 16enne Rue, una tossicodipendente con problemi di bipolarismo (per non farsi mancare niente!) che, dopo un periodo di riabilitazione, si innamora di un transessuale di nome Jules che da maschio sarebbe diventato femmina.

Tra le cose che più preoccupano, di questa serie televisiva, è la solitudine esistenziale in cui viene calata la vita di questi ragazzi, come se fosse la “normalità” e che li porta a compiere scelte gravissime in modo quasi inesorabile, come la scelta di far uso di sostanze chimiche per provare, appunto un po’ di “euforia”.

Ovviamente non poteva mancare, in tutto questo sfacelo, il bollino del mondo Lgbt: infatti Jules, il ragazzo transessuale, è interpretato dalla modella-attrice, realmente trans, Hunter Schafer, 20 anni, nato maschio, che si fa definire con il “lei” o, addirittura con il “loro”.

Su Instagram conta più di 850 mila followers. Un successo a cui avrebbe ampiamento contribuito il mondo della moda, paradiso, come si sa, dell’indifferentismo sessuale: il modello avrebbe sfilato per brand famosissimi da Miu Miu a Marc Jacobs ecc.

Per di più Schafer avrebbe dichiarato al New York Times: «Sto cercando di decostruire l’idea di gender, usare i privilegi e la visibilità che mi sono concessi come modella per puntare un riflettore su questa tematica. Non so se mi posso definire un’attivista solo perché parlo del mio essere trans. Anche se questo a volte può essere visto come attivismo, perché solo esistere come trans a volte è abbastanza duro. Siamo in prima linea in una rivoluzione che vedrà l’identità di espressione avere il sopravvento sulle etichette che ci vengono assegnate alla nascita. L’autoidentificazione avrà la priorità sulla percezione. Il gender cadrà definitivamente».

Quasi coerentemente con queste sue dichiarazioni, anche nella serie tv, Schafer insieme alla protagonista, fa scelte improntate al libertinismo più spinto.

In realtà, il programma, come prevedibile, sta suscitando molte proteste: l’Aiart, ovvero l’Associazione italiana cittadini mediali,  ha segnalato i contenuti, gravissimi anche per la tendenza all’emulazione, particolarmente viva nei bambini e negli adolescenti, agli organi di vigilanza e ha chiesto di poter aver un confronto con Sky e con tutte le emittenti che mandano in onda serie televisive dai contenuti così nefasti e per di più rivolte ad un pubblico giovanissimo: «È un processo – ha dichiarato in una nota  Giovanni Baggio, presidente nazionale Aiart – che incoraggia l’emulazione di comportamenti a rischio e autodistruttivi. L’Agcom [Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ndr.] approva? Noi fatichiamo ad accettare una narrazione che mette in scena contenuti a tal punto estremi da indurre la stessa emittente ad aprire una linea di supporto psicologico attiva nei giorni in cui vanno in onda le puntate. Sky – prosegue Baggio – dichiara di voler incoraggiare una discussione e sensibilizzare il pubblico su questi problemi, ma l’Aiart è convinta che proporre immagini crude e contenuti espliciti come quelli che la serie presenta, spenga sul nascere qualsiasi discussione e sia in grado di creare non già una conoscenza critica di fenomeni degenerativi, come si asserisce, ma soltanto un senso di pessimismo, sconfitta e rassegnazione a situazioni umanamente abiette.

È discutibile che le aziende radiotelevisive pur di far cassa ospitino contenuti di qualunque tipo, giustificandoli, ma i motivi di questo degrado televisivo restano essenzialmente tre: una regolamentazione inefficace, la potenza del web e il conseguente accesso 24 ore su 24 da parte di chiunque e a qualunque contenuto, e infine il silenzio degli organi di vigilanza».

 

di Manuela Antonacci

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