23/06/2021 di Luca Marcolivio

ESCLUSIVA - Ddl Zan. Il magistrato Mantovano: «L’Italia dovrà ascoltare il Vaticano, è un atto dovuto»

L’iter legislativo per l’approvazione del ddl Zan si fermerà, con la probabile istituzione di una commissione paritetica Italia-Vaticano, allo scopo di rimediare alle violazioni del Concordato del 1929. Questo lo scenario a breve termine più realistico, ipotizzato dal magistrato Alfredo Mantovano. Intervistato da Pro Vita & Famiglia, il presidente della sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre e vicepresidente del Centro Studi “Rosario Livatino” è piuttosto convinto di un fatto: nessun soggetto politico o ecclesiastico potrà fare finta di niente. Le istituzioni italiane dovranno necessariamente dare riscontro ai rilievi della Santa Sede. Se poi il disegno di legge riprenderà la via del Parlamento in una forma rispettosa del Concordato e dei principi di libertà di educazione e di opinione, è ancora tutto da vedere.

 

Dottor Mantovano, qual è la prima considerazione che si sente di fare su questa nota della Segreteria di Stato Vaticana?

«Il fatto che questa nota non abbia precedenti, ma tragga comunque origine da una misura prevista dal Concordato, è qualcosa che qualifica non tanto la nota stessa ma la ragione per cui è stata diffusa. Ci troviamo di fronte ad una potenziale legge che invade talmente la sovranità della Chiesa (riconosciuta dallo stesso Concordato), al punto da aver reso necessario questo intervento. La Santa Sede ha intrapreso questa azione, prima che si entrasse nel vivo della discussione del ddl Zan al Senato, proprio per prevenire la violazione delle disposizioni concordatarie. L’assenza di precedenti è la conferma della gravità della questione che ha motivato questo passo da parte del Vaticano».

Che tipo di risposta darà ora lo Stato italiano a questo rilievo?

«Non spetta a me dirlo. Essendo stato segnalato un problema di oggettiva gravità, determinato da una delle due parti di un Concordato siglato quasi cento anni fa, non si può fare finta di nulla. Bisogna, quindi, innanzitutto riflettere sulla portata e sul contenuto della nota, quindi, sospendere la discussione del disegno di legge. Mentre finora, per alcuni rappresentanti dell’attuale maggioranza, la parola d’ordine era avallare e ratificare il testo passato alla Camera nei tempi più rapidi possibili – e qualunque invito alla riflessione era visto come una sorta di sabotaggio – adesso la riflessione deve prevalere. Una volta sospesi i lavori in Parlamento, bisognerà valutare quale sarà l’esito concreto di questa riflessione. Uno dei possibili strumenti a disposizione è la creazione di una commissione paritetica che, in quanto tale, affronterebbe le tematiche controverse (o suscettibili di determinare controversie), per arrivare a soluzioni condivise. Ci troviamo di fronte a un accordo – il Concordato – in cui le parti in causa sono due, per cui nessuna delle due parti deve fare “concessioni” all’altra. Nel momento in cui, poi, una delle due solleva un problema, la prima cosa che l’altra parte deve fare è tenerne conto. Dopodiché, istituita tale commissione paritetica, l’auspicio è che si arrivi ad una soluzione accettabile per entrambe le parti».

Se l’Italia dovesse non ascoltare i rilievi del Vaticano, quali pensa possano essere le ricadute a livello diplomatico?

«L’accordo tra Stato e Chiesa siglato nel 1929 ha trovato un richiamo nell’articolo 7 della Costituzione. Nella cornice costituzionale si è collocato l’accordo di revisione del 1984, quindi, oltre agli argomenti usati finora, c’è in gioco anche il rispetto del vincolo costituzionale. Come dicevo prima, escluderei che si faccia finta di niente, perché significherebbe violare sia un accordo con una realtà particolarmente legata alla vita nazionale, la Chiesa, sia una norma della Costituzione».

A livello più strettamente politico, invece, quali pensa saranno le conseguenze di questa nota?

«Direi che la novità politica di maggior rilievo in questi giorni sia nelle parole del segretario del partito che, più di tutti, in precedenza, aveva spinto per l’approvazione rapida del disegno di legge. Le parole dell’onorevole Enrico Letta fanno capire che si è passati, in un batter d’occhio, dall’indicazione per l’approvazione in termini di priorità del testo del Senato, ad un approccio di mediazione. Il che è già qualcosa. Cosa ne uscirà fuori è presto per dirlo. L’effetto della nota è stato quello di andare oltre la dimensione della dialettica politica interna: ci dovrà essere quindi necessariamente un passaggio concordato con la Santa Sede, attraverso la commissione paritetica cui accennavo prima. Adesso il discorso non è più su cosa accadrà alla Commissione Giustizia del Senato, quello si vedrà dopo».

Un atto dovuto, quindi?

«Sì, a determinarlo è proprio il Concordato. Escludo che, nel caso della denuncia di una possibile violazione, si possa rispondere metodologicamente con un’ulteriore violazione».




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