27/07/2019

Emilia Romagna, approvata questa notte la legge contro l’ “omotransnegatività”

Due giorni fa era iniziato l’esame finale, nell’aula del consiglio regionale dell’Emilia Romagna, del tanto discusso e temuto ddl contro l’omotransnegatività e le discriminazioni legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale che aveva impegnato i consiglieri di centrodestra in una lunga e dura battaglia, con un’opera di ostruzionismo veramente significativa (oltre 1700 emendamenti).

Una pressione fortissima per l’approvazione del disegno di legge era stata esercitata dalle forze di centrosinistra, in primis il Pd, forte dell’accordo con il Movimento 5 Stelle, tanto che dopo 39 ore di discussione si è arrivati, questa notte stessa, intorno alle 3.30 all’approvazione della legge: 43 i consiglieri votanti, con 33 favorevoli e 10 contrari. La legge è passata grazie al sì di Partito democratico, Sinistra Italiana, Cinque Stelle e Gruppo misto (Silvia Prodi e Gian Luca Sassi). No da tutta l’opposizione di centrodestra, ovvero Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Il clima in cui si è sviluppata la discussione  è stato a dir poco rovente: la comunità LGBTQI, che ha smosso mari e monti per l’approvazione della legge in questione, non è ancora riuscita a digerire il fatto che rispetto al testo originario sia stato introdotto l’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sul diritto di priorità educativa della famiglia nelle attività scolastiche e che sia soprattutto rimasto il riferimento esplicito e la negazione all’aberrante pratica dell’utero in affitto, grazie all’introduzione di un emendamento ad hoc. Nell’attuale norma di legge infatti, all’articolo 12, vi è una sostanziale modifica alla legge regionale del 2014 che recita: «La Regione non concede contributi ad associazioni che nello svolgimento delle proprie attività realizzano, organizzano o pubblicizzano la surrogazione di maternità».

Tutto ciò avrebbe generato una certa rabbia e una buona dose di frustrazione nelle associazioni arcobaleno, che vedrebbero, invece, in questo decreto, un’occasione preziosa per farsi spazio, culturalmente e socialmente.

E in effetti, questa legge con la classica foglia di fico della “non discriminazione” non fa che creare corsie preferenziali nel mondo del lavoro per le persone LGBTQI, istituendo precisi percorsi di formazione e inserimento lavorativo per le persone che si sentono discriminate per la propria identità di genere, ma promuoverebbe anche l’insegnamento della teoria del gender nelle scuole attraverso non ben specificati corsi di «formazione e aggiornamento» per i docenti e si spingerebbe fino al controllo dei messaggi non in linea con lo spirito del decreto,  diffusi tramite i media,  attraverso il monitoraggio del Corecom.

Infine, se vogliamo dirla tutta, il decreto appena approvato risulta fortemente discriminatorio in sé, in quanto il nostro Paese ha già le norme necessarie per tutelare qualsiasi cittadino dalle “discriminazioni”, dunque, in questo caso, di fatto, non si fa che creare una “;categoria protetta”, una casta di persone meritevoli di tutela più di tante altre categorie di gente discriminata, per la quale si fa poco e niente: pensiamo ad esempio ai disabili e alle loro famiglie, costantemente in lotta con le difficoltà gravissime legate ad una quotidianità incredibilmente dura.

E tutto ciò è avvenuto per di più nonostante le premesse terribili di una cultura che ha in odio la famiglia, in questo caso veicolata anche dalla proposta di legge in questione, siano esattamente le stesse da cui è ingenerato, nella stessa regione che ora plaude e consacra definitivamente la “cultura” LGBT, lo scandalo grande degli affidi emerso dall’inchiesta “Angeli e Demoni”, su cui il Pd continua a fare orecchie da mercante. Verrebbe dunque da concordare con il detto che considera umano l’errore ma diabolica la perseveranza nell’errore stesso.

Manuela Antonacci

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