01/02/2024 di Luca Marcolivio

De Mari sulla campagna di Pro Vita & Famiglia: «Un manifesto di verità»

Si può rovesciare la cultura dominante, facendo capire alle donne che – a differenza dell’aborto – dare al mondo un figlio fa parte della sua natura. È con questo spirito che Silvana De Mari, medico e scrittore, accoglie l’ultima campagna di Pro Vita & Famiglia, incentrata sull’umanità del concepito e portata avanti dalla onlus con dei manifesti su Roma e, prossimamente, nelle principali città italiane. Il messaggio è chiaro, semplice, breve ma altrettanto eloquente: “9 biologi su 10 mi riconoscono come un essere umano. E tu?” e l’immagine di un embrione.

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Dottoressa De Mari, che impatto ha secondo lei questa campagna?

«Mi sembra molto bella, è fatta molto bene ma soprattutto è un manifesto che dice la verità, in maniera da fermare il grandissimo inganno in base al quale il feto non sarebbe un essere umano. Se non è un essere umano, quindi, che cos’è? Forse un vegetale? È un rettile? È qualcosa di vivo che poi muore, quindi è un essere vivente. Spesso, parlando del feto, viene usato il termine “grumo di cellule”, con cui si indica un ammasso di cellule senza alcuna finalità, né alcun tipo di ordine. Ad esempio, nel creato troviamo moltissime cellule non organizzate oppure cellule che si sono sfaldate e si sono ammonticchiate tutte insieme senza nessuna architettura. Al contrario, l’embrione e il feto hanno delle cellule con delle potenzialità straordinarie al punto tale che già da un giorno all’altro l’embrione o il feto cambiano proprio perché le sue potenzialità diventano sempre più simili all’uomo».

La cultura e la legislazione abortiste, però, negano l’umanità all’embrione: perché?

«Nel momento in cui la si affermasse, le donne “rischierebbero” di non abortire più e ciò, nell’ottica di alcuni, sarebbe un bel guaio, essendovi organizzazioni che hanno stabilito come obiettivo il calo delle nascite. Una donna che vuole abortire trova la strada in discesa, tutto facile, tutto comodo. Se le donne affermano: “l’aborto è una mia scelta”, non dicono la verità. L’aborto è la loro unica scelta, perché se decidi di tenere il bambino, per te sarà tutto in salita, tutto sulle tue spalle, non avrai mai nessun aiuto. Il cervello delle donne, ovviamente, è predisposto per la maternità: se così non fosse, ci saremmo estinti. Il nostro cervello, però, è terribilmente influenzabile. Si può convincere qualcuno ad andare a morire in guerre idiote o magari a suicidarsi. Quindi si può anche convincere qualcuno ad abortire (e l’aborto non è altro che un suicidio differito), ad esempio circondandolo di modelli di donne che affermano di aver abortito con grande gioia. Il nostro corpo è fatto in maniera da poter accogliere una creatura umana tra le nostre viscere. E dato che Madre Natura (se non vogliamo parlare di Dio) non gioca a dadi, anche la nostra mente è assolutamente adatta ad accogliere una creatura umana. L’aborto è una violenta situazione di artificiosità. Inoltre, l’aborto è una malattia e questo lo afferma un libro di ostetricia, che, a un certo punto, parla della “patologia della gravidanza”: l’aborto fa parte della patologia, è una malattia mortale del feto che può anche essere molto pericolosa per la madre. Il tema è: perché i cartelloni pro-vita vengono strappati o fatti togliere dai sindaci o dai comuni? Perché è stato fatto togliere il cartellone pro-vita che era una sala d’aspetto per le donne che andavano ad abortire? Una buona percentuale di donne cambia idea ed evita quindi questo gesto mortale per il proprio bambino. Anche quando si prega davanti alle chiese contro l’aborto, è dimostrato che gli aborti diminuiscono del 70% o addirittura dell’80%. È sufficiente che una donna veda che qualcuno preghi per lei e per il suo bambino, quindi che qualcuno stia mostrando interesse per loro, che lei cambi idea, sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista mentale e psicologico».

Come afferma l’ultimo manifesto di Pro Vita & Famiglia, 9 biologi su 10 biologi riconoscono la natura di essere umano di una persona fin dal concepimento. Ciononostante, abortire è sempre più facile e le legislazioni sono sempre più permissive. Non è un paradosso? 

«La facilità dell’aborto è una scelta politica. Adesso è sotto attacco l’obiezione di coscienza. Chi ha bisogno di un ginecologo, gli chiede se è obiettore e, in caso affermativo, fa a meno della visita. L’aborto non può essere effettuato con la spesa pubblica. Dovremmo pretendere l’obiezione di coscienza anche per i contribuenti, perché è qualcosa di ripugnante e non nostro. Non sto esagerando, sto misurando le parole. Guardate i bidoni pieni di resti di feti abortiti: signori, non è ripugnante? Ma l’aborto può essere rimpianto: una volta che arriva, spacca il cuore. Ho spesso accompagnato pazienti morenti nell’ultimo tratto di strada. Una donna che abortisce è qualcosa di simile. Quel bambino che non è nato spacca il cuore. Quando il pianto arriva, è terribile. Molte donne ripetono sempre la stessa frase: se qualcuno in quell’ospedale mi avesse detto una frase buona, mi sarei fermata…».

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