08/07/2021 di Giuliano Guzzo

Ddl Zan. Le prossime tappe e tutti gli scenari possibili

E adesso, che succederà con il ddl Zan? È una domanda che si stanno facendo un po’ tutti, sui media e nel palazzo, dopo che nella giornata di martedì – davanti al perdurante muro contro muro fra Lega, Fi e Iv da un lato e Pd, M5s e Leu dall'altro -, si è deciso comunque di portare nell’Aula del Senato il ddl Zan così com’è stato approvato lo scorso novembre in prima lettura alla Camera.

Vuol dire che quello che i senatori dovranno approvare o rigettare, e in ogni caso votare, è un testo che - oltre al bavaglio derivante dalle modifiche integrative alla legge Reale-Mancino sui crimini d’odio, ossatura dell’originario ddl Zan poi confluito insieme ad altre quattro proposte del testo unificato -, include l’identità di genere come autopercepita a prescindere da ogni intervento chirurgico (articolo 1), la libertà di espressione condizionata (articolo 4) e l’indottrinamento nelle scuole (articolo 7).

A nulla sono quindi valsi i tentativi, svolti dal Presidente Ostellari in Commissione Giustizia del Senato, di limare un testo carico di criticità sia per la libertà di espressione, sia per i diritti dei bambini ad essere educati dalle famiglie sui temi sensibili a non attraverso iniziative scolastiche di parte, se non del tutto ideologiche. Torniamo così al punto di partenza: e adesso? In estrema sintesi, gli scenari possibili che si stano delineando sono sostanzialmente tre.

Il primo – in assoluto il peggiore – è quello di un’approvazione del ddl Zan così com’è con tutti i profili critici poc’anzi esposti e sollevati, in queste settimane, da Presidenti della Consulta, penalisti anche liberal, sociologi, femministe, addirittura militanti omosessuali. Sarebbe, questa, una vittoria assoluta per Alessandro Zan e, in genere, per il mondo Lgbt che in questo testo di legge così liberticida e controverso si riconosce.

Il secondo scenario – al momento solo ipotetico – riguarda la possibilità dell’approvazione di qualche emendamento in Aula. Da qui al 13 luglio il centrosinistra potrebbe cioè convincersi che, come peraltro scriveva Repubblica domenica in prima pagina, «i numeri non ci sono» optando per più miti consigli. In tal caso, quella che potrebbe sparire dal testo sarebbe anzitutto l’identità di genere; il che non renderebbe il ddl Zan meno disastroso, ma forse ne limiterebbe parzialmente il raggio d’azione ideologico. Di buono tale ipotesi avrebbe il fatto che, in ogni caso, sarebbe necessario un passaggio a nuovo passaggio alla Camera. Si potrebbe cioè prendere tempo.

Infine, il terzo scenario, è quello della bocciatura del ddl Zan. Ipotesi impossibile? Non è detto. Per almeno due motivi. Il primo riguarda l’atteggiamento di Italia Viva: i senatori renziani sono notoriamente decisivi e sono stati loro stessi, in questi giorni, a proporre degli emendamenti alla legge contro l’omotransfobia. Il fatto che non solo queste proposte emendative per il momento non siano stati considerate, ma che Renzi e perfino Scalfarotto siano stati coperti d’insulti nelle scorse ore potrebbe spingere Italia Viva a sabotare il ddl Zan.

Del resto, non va dimenticato come si stia parlando sì di un partito piccolo ma che è già stato capace di far naufragare un governo di cui faceva parte, il Conte bis, motivo per cui non è da escludere nulla. Anche perché – secondo elemento da tenere in considerazione – il voto segreto potrebbe far emergere dei franchi tiratori. Basti pensare che proprio in questi giorni esponenti vicini alla sinistra, come la femminista Marina Terragni, sui social si siano lamentati del fatto che vari esponenti del Pd, pur essendo contrari o perplessi sul ddl Zan, non lo dicano apertamente.

Ma se lo dicessero il 13 luglio, grazie al voto segreto? Se così fosse, la legge contro l’omotransfobia potrebbe davvero naufragare. Del resto, sono i suoi stessi sostenitori, nel volerlo portare in aula così com’è, ad aver scelto la via muscolare, del muro contro muro. Peccato che, ammonisce la saggezza popolare, chi troppo vuole nulla stringe.

 




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