02/11/2021 di Luca Marcolivio

Ddl Zan. Il giurista Ronco: «Ecco perché non dobbiamo abbassare la guardia»

Se in Italia si è diffusa una certa consapevolezza riguardo agli inganni dell’ideologia gender e all’impianto liberticida del ddl Zan, una parte del merito va anche al Centro Studi “Rosario Livatino”. Al tema dell’omofobia, analizzato sotto un profilo giuridico, il Centro Livatino ha dedicato due libri: Omofobi per legge? (Edizioni Cantagalli, 2020) e Legge omofobia: perché non va. La proposta Zan esaminata articolo per articolo (Edizioni Cantagalli, 2021, a cura del vicepresidente Alfredo Mantovano). Entrambi i saggi hanno suscitato forte ostilità nel mondo lgbt e liberal. Non mancò un tentativo di censura da parte delle librerie Feltrinelli.

L’esito del voto in Senato di mercoledì scorso ha dato in qualche modo ragione alle posizioni del Centro Studi “Rosario Livatino”, il cui presidente Mauro Ronco, docente universitario, avvocato penalista e membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura, ha commentato per Pro Vita & Famiglia questo evento spartiacque nel dibattito sulla presunta emergenza omofobia in Italia.

 

Professor Ronco, sul piano politico, quali sono le prime considerazioni che si sente di fare sulla bocciatura del ddl Zan in Senato?

«Il Senato ha espresso un parere contrario, nonostante la pressione mediatica profusa con ogni metodo ai fini dell’approvazione di questo disegno di legge. Se Palazzo Madama ha espresso questo verdetto, nonostante il Parlamento attuale includa un numero considerevole di membri che basano l’intera loro attività politica sulla demagogia, vuol dire che nel Paese, c’è una maggioranza di persone rappresentate in Parlamento, che si oppongono a questa demagogia. Dispiace, soltanto che la maggioranza contraria a questo disegno di legge così pericoloso per la libertà di tutti, abbia potuto esprimersi soltanto con il voto segreto».

Il ddl Zan non potrà più essere ripresentato prima di sei mesi. Cosa succederà adesso? Pericolo scampato?

«Non potrà essere ripresentato nessun disegno di legge nell’identica forma del ddl Zan. In linea teorica, potrebbero presentarne uno simile. Penso, ad esempio, al ddl Scalfarotto della scorsa legislatura, che si presentava con gli stessi contenuti ma in termini meno radicali. Ciò detto, non è escluso che qualcuno possa presentare un disegno di legge ancor peggiore del ddl Zan. Non credo comunque che nessuno si prenderà la briga di andare ad intasare il Parlamento per una tematica del genere, quando nel Paese, viviamo una serie di emergenze, nessuna delle quali ha a che vedere con l’omofobia. Spero che l’arroganza dei sostenitori del ddl Zan non li spinga a ripetere l’errore. C’è tuttavia da star certi che tra un po’ metteranno in piedi una campagna mediatica ancor più violenta della precedente. Leggendo i giornali di questi giorni, sono rimasto allibito per l’aggressività con cui alcuni si sono scagliati contro questa decisione del Parlamento».

Ritiene quindi che, nonostante il considerevole successo ottenuto, il mondo pro-family non debba abbassare la guardia?

«In particolare ritengo non si debba abbassare la guardia intorno a questa propaganda mediatica, a questa campagna d’odio, indirizzata soprattutto contro coloro che sostengono i valori tradizionali o del buon senso, i valori della vita sociale comune, essenziali per vivere».

Non c’è bisogno allora di una norma speciale a protezione dalle violenze causate dall’orientamento sessuale?

«Non posso che ribadire quello che il Centro Studi “Rosario Livatino” ha spiegato in alcuni capitoli dei suoi libri, che penso abbiano avuto un certo effetto. Ci sono tutte le norme possibili e immaginabili per la protezione delle persone vulnerabili o che temono di subire violenze, che rischiano di essere minacciate o discriminate. Il Codice Penale già prevede il reato di minaccia (art. 612). Vengono puniti anche lo stalking e gli atti persecutori. Se un genitore o una famiglia tiene il proprio figlio recluso in casa per impedirgli di avere relazioni omosessuali, siamo di fronte a un sequestro di persona e anche questo è punibile. Ma non c’è assolutamente bisogno di una normativa speciale ulteriore».

Quali sono i dati che ci confermano non esiste alcuna emergenza omofobia?

«I metodi della propaganda dei movimenti di carattere libertario sono noti. Se si tratta di far approvare una legge sull’aborto, ci diranno che vi sono milioni di casi di aborti clandestini. Adesso ci parlano di milioni di casi di violenze contro omosessuali e transessuali per cui bisognerebbe approvare una legge che li difenda. Ovviamente non corrisponde affatto a realtà. È vero, qualche episodio di violenza o di minaccia nei loro confronti ogni tanto capita. Ma non c’è nessuna emergenza. Eppure, la campagna mediatica è in atto. Viene strumentalizzato qualsiasi episodio, anche il più banale, come un’espressione triviale rivolta a un omosessuale. Bisogna sempre contestualizzare, però: molto spesso troviamo persone omosessuali coinvolte in situazioni conflittuali ma il loro orientamento sessuale non c’entra nulla. In sede di accertamento giudiziale, spesso capita che le accuse di omofobia vengano sporte da soggetti poco equilibrati, che vedono minacce dove non ci sono. Anche nel nostro libro è dimostrato che i casi di omofobia vera sono pochissimi».

Allora qual è il vero obiettivo dei sostenitori del ddl Zan?

«Ormai si tratta di obiettivi dichiarati: trasformare la coscienza sociale in ordine alla natura dell’uomo. L’uomo e la donna sono fatti per vivere insieme e dare vita a nuovi esseri umani secondo il principio di inclinazione del diritto naturale che equivale alla generatività. Gli ideologi lgbt, invece, vogliono determinare un’apparenza di carattere ideologico, secondo la quale il sesso è fatto soltanto a scopi ludici ma ormai siamo già oltre questa impostazione: si vuol negare la creaturalità dell’uomo, l’originalità della natura e della persona umana. Però, ogni persona umana è un unicum, creato ed evoluto per un fine che non è soltanto naturale e temporale ma è anche sovrannaturale, fatto per un destino di felicità eterna. Tutto questo oggi viene negato. Ora però se affermiamo che esiste una tale volontà eversiva, si cerca di chiudere il dibattito e interrompere qualunque dialogo, imponendo concezioni antropologiche, che si ripercuoteranno in infelicità, tristezza, oppressione. Per concludere, quindi, ribadisco che non esiste nessuna emergenza omofobia. Le vere emergenze, semmai, sono le migliaia di famiglie in povertà, la disoccupazione, la perdita dei diritti sociali. Sarebbe il caso che il Parlamento si occupasse di queste questioni che sono molto, molto più urgenti dell’omotransfobia».

 

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