Alla vigilia della Marcia per la Vita italiana – che si svolgerà domani a Roma – ricordiamo l’evento gemello australiano, lo scorso 8 maggio, che ha fatto registrare un enorme successo.
In particolare a Brisbane (capitale del Queensland), in moltissimi hanno voluto dimostrare per le strade la loro contrarietà non solo contro l’aborto ma anche contro le recenti norme a favore della eutanasia che si stanno diffondendo in tutto il Paese. I politici federali pro-vita hanno promesso di lottare per i diritti dei nascituri e per le madri vulnerabili. Rivolgendosi a una folla di migliaia di persone, i politici nazionali e locali hanno denunciato come in base alle leggi esistenti sull'aborto, le gravidanze potrebbero esser interrotte sulla base del sesso e che le donne vulnerabili, comprese le vittime di stupro, dovrebbero avere "una vera scelta" di poter prendersi cura del proprio figlio o darlo in adozione, di fronte a una gravidanza indesiderata. In molti si sono scagliati contro l’idea di consentire l’aborto contro gli embrioni con sindrome Down.
«C’è qualcosa di molto storto quando guardiamo in giro per il mondo, quando guardiamo ad alcuni dei paesi nordici che si vantano di aver eliminato dalla loro popolazione condizioni come la sindrome di Down perché ciò che intendono veramente non è aver curato una condizione, ma eliminato tutte le persone nate con un cromosoma in più. Non è umano, è eugenetica”, ha detto il Senatore Canavan.
L’importanza e l’imponenza dell’avvenimento è stata tale che molti dei parlamentari e leader politici presenti hanno preso l’impegno di presentare in questi giorni una proposta di legge che vieti i finanziamenti del servizio sanitario statale e federale per chiunque compia aborti in base al sesso, alle malattie o a sindromi che non mettono in pericolo la vita di madre e bimbo e, destinare i fondi così distolti, per gli aiuti alle giovani madri e famiglie.