16/01/2015

Dal comitato Sì alla famiglia una proposta alternativa sui diritti dei conviventi

Introvigne ribadisce che è necessario tutelare la famiglia naturale: «No a matrimonio e adozioni omosessuali, anche mascherati da “unioni civili”»

La sua proposta, però, ha sollevato non pochi dubbi, in questa Redazione.

 Il Comitato Sì alla Famiglia, un cartello di associazioni cattoliche, evangeliche e laiche presieduto dal sociologo torinese Massimo Introvigne, ha presentato a Roma, in una riunione con parlamentari di diversi partiti, un testo unico sui diritti dei componenti di una convivenza.

Il testo, composto da 8 capi e 33 articoli, elenca e ribadisce, con alcune norme di raccordo, quanto l’ordinamento italiano già prevede, esplicitamente o implicitamente, in tema di diritti dei conviventi.

«Tra questi – spiega Introvigne – l’assistenza in qualunque struttura sanitaria del convivente nei confronti del proprio partner, norme di parificazione del convivente al coniuge in tema di assistenza da parte dei consultori, di interdizione e inabilitazione, di successione nella locazione e nell’assegnazione di un alloggio popolare. Il testo ribadisce che il partner di fatto ha titolo, a determinate condizioni, al risarcimento del danno subito dall’altro partner e all’indennizzo che spetta al partner vittima di delitti di mafia o di terrorismo. Tutto questo per le convivenze tra persone sia di sesso diverso, sia dello stesso sesso».

«Vogliamo distinguere con estrema chiarezza – afferma Introvigne – il cosiddetto matrimonio omosessuale, con la conseguente possibilità di adottare figli, cui siamo assolutamente contrari anche qualora lo si nasconda pudicamente sotto il nome di “unioni civili”, dal riconoscimento dei diritti e doveri che derivano dalle convivenze. Per questo, a differenza di quanto fa il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, non parliamo di unioni civili – una sigla che in tutta Europa significa qualcosa di analogo in tutto al matrimonio tranne che nel nome – e non prevediamo né l’adozione né la riserva di legittima per la successione né la reversibilità delle pensioni, che sono cose tipiche dei matrimoni o almeno di simil-matrimoni».Banner_la_croce

Sì alla Famiglia ricorda che non sono gli oppositori del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili o delle proposte annunciate da Renzi a sostenere che le unioni civili sono matrimoni sotto altro nome. Lo ha affermato in un’intervista a «Repubblica» del 16 ottobre 2014 lo stesso sottosegretario Scalfarotto, dichiarando che «l’unione civile non è un matrimonio più basso, ma la stessa cosa. Con un altro nome per una questione di realpolitik». «E se anche si costruisse un istituto presentato come “la stessa cosa” del matrimonio senza adozioni – precisa il comitato –, è certo che le adozioni, com’è avvenuto in Germania e in altri Paesi, sarebbero rapidamente introdotte dalla Corte Costituzionale in nome del principio di uguaglianza»,

«Questo testo, che rende maneggevoli e coordina disposizioni che l’ordinamento italiano già comprende – conclude Introvigne -, permetterà ai parlamentari di schierarsi e agli elettori di comprendere le loro posizioni. Chi vuole il “matrimonio” omosessuale, completo di adozioni subito o tra qualche anno, potrà votare le unioni civili della Cirinnà o di Renzi.

Chi vuole ribadire che ai conviventi, dello stesso sesso o di sessi diversi, sono riconosciuti i diritti e i doveri relativi alla sanità, alle carceri, alla locazione, ai risarcimenti, ma vuole chiudere la porta al “matrimonio” e alle adozioni, ora ha un testo su cui convergere».

Il testo, completo di relazione, è consultabile sul sito di Sì alla famiglia

Il primo dubbio che affiora è il seguente: ma se già esistono queste norme che consentono ai conviventi di esercitare determinati diritti, c’è proprio bisogno di ribadirlo? Non c’è pericolo che, maneggiando e rimaneggiando, durante i lavori parlamentari si giunga poi alla solita soluzione di compromesso che all’atto pratico, sostanzialmente, risulta una “specie” di matrimonio gay?

Soprattutto però, il problema sembra essere molto più profondo. Infatti esso non sta nel “numero” di diritti che si riconosce, da un lato, al matrimonio e, dall’altro, a “unioni” di altro tipo. Il matrimonio non è solo “meglio” di altre convivenze: IL MATRIMONIO E’ L’UNICA FORMA DI UNIONE CHE TUTELA SUFFICIENTEMENTE IL BENE DELLA FAMIGLIA, E SOPRATTUTTO DEI FIGLI, e quindi è l’unica forma di convivenza “familiare” che di per sé può avere annessi dei diritti, riconosciuti direttamente dallo Stato. Specie quando gli altri tipi di convivenza vanno contro certi beni comuni o individuali.

In altre parole è sbagliato dire che alle convivenze “non si deve riconoscere tutti i diritti legati al matrimonio ma solo alcuni”: infatti sono unioni SOCIALMENTE NEGATIVE, anche perché instabili e quindi non garantiscono sufficientemente beni fondamentali ad eventuali figli e a quello dei due conviventi che divenisse bisognoso di assistenza e di cure. La garanzia di stabilità del contesto familiare è un bene fondamentale cui i bambini hanno diritto.

Se qualche diritto può essere riconosciuto ai conviventi, ciò non deriva dalla convivenza stessa, ma da un altro fondamento.

Ad esempio dal diritto fondamentale di avere una casa, nasce il diritto di chi convive con l’inquilino; dal diritto a non essere lesi dal punto di vista morale o affettivo nasce il diritto del convivente al risarcimento dei danni, ecc.

Diritti, poi, che vanno (o andrebbero) riconosciuti a tutte le forme di “convivenza”, per esempio anche a quella tra due fratelli.

Redazione

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