01/05/2025 di Luca Marcolivio

Così Strasburgo fa pressioni per il matrimonio egualitario. Il caso Polonia

L’Unione Europea si sta muovendo, passo dopo passo, verso un riconoscimento sempre più completo dei “matrimoni” tra persone dello stesso sesso, anche nei Paesi che non li prevedono nella loro legislazione nazionale. Sebbene, sulla carta, questa materia resta di esclusiva competenza degli Stati Membri, nella realtà vengono surrettiziamente imposti obblighi che incidono direttamente sulla loro sovranità in questo ambito.

Una raccomandazione ideologica

In una recente raccomandazione, l’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Cgue) ha affermato che il diritto alla libera circolazione dei cittadini europei, comprese le loro famiglie, dovrebbe prevalere sulle leggi nazionali che non ammettono il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Pur riconoscendo che l’anagrafe è una competenza dello Stato, la Cgue sostiene che negare tale riconoscimento alle coppie dello stesso sesso sposate all’estero «pregiudicherebbe il diritto al rispetto della vita personale e familiare».

Il caso Polonia

Nello specifico, l’avvocato di è espresso sulla Polonia, che non solo non ammette legalmente i matrimoni tra persone dello stesso sesso ma si anche è rifiutata di registrarli nel proprio Stato Civile. Secondo l’avvocato generale, se un ordinamento statuale non desidera registrare tali unioni come matrimoni, dovrebbe almeno istituire un meccanismo equivalente per garantirne la validità nei confronti di terzi in questioni quali l’eredità, la tassazione e la proprietà (né più né meno com'è avvenuto in vari Paesi con le unioni civili, nelle loro varie declinazioni). Il caso polacco era emerso dopo il ricorso di due cittadini del Paese slavo alla Corte Suprema amministrativa di Varsavia, che, ricevuto il diniego delle massime autorità giudiziarie nazionali, si erano rivolti ai giudici europei. La coppia aveva richiesto l’iscrizione del proprio matrimonio celebrato a Berlino nel 2018, tuttavia, tale istanza è stata preclusa dalla legge ordinaria polacca e dalla Costituzione, che negano la coesistenza di matrimoni tra persone dello stesso sesso e matrimoni tra persone di sesso diverso all'interno dell'ordinamento nazionale.

Una subdola e ideologica pressione 

Sebbene il parere dell’avvocato generale non costituisca una sentenza definitiva, nel 75% dei casi la Cgue  si pronuncia in conformità alle raccomandazioni dello stesso avvocato. Va anche ricordato che la stessa Corte, nella sentenza Coman e a. (C-673/16, del 5 giugno 2018), aveva già imposto agli Stati membri di riconoscere il diritto di soggiorno dei coniugi dello stesso sesso sposati in altri Paesi, ai sensi dell'articolo 21 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea. Nemmeno a Strasburgo, inoltre, si profila uno scenario incoraggiante. La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu), nella sentenza «Schalk e Kopf contro Austria» (2010), ha affermato che l'articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo non obbliga gli Stati a riconoscere tali “matrimoni”, pur non proibendoli. Tuttavia, in tal caso, la dottrina si è evoluta. Nella causa «Oliari e altri contro Italia» (2015), la Corte ha ritenuto che debba esistere una qualche forma di riconoscimento giuridico a tutela della vita privata e familiare (art. 8 della Convenzione), e la stessa argomentazione è ora sostenuta dall’avvocato generale della Cgue. Più di recente, nella sentenza «Fedotova e altri contro Russia» (2023), la Cedu ha condannato la Russia (che pure non fa parte dell'UE) proprio per non aver riconosciuto alcuna forma di riconoscimento giuridico alle unioni tra persone dello stesso sesso concluse all’estero.

Un’imposizione de facto

Nel complesso, questa evoluzione giurisprudenziale è passata, in poco più di un decennio, dalla non obbligatorietà alla fattuale imposizione pratica del riconoscimento del “matrimonio” tra persone dello stesso sesso negli Stati che aderiscono alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Si conferma, dunque, un’evoluzione giuridico-antropologica ammantata di libertarismo ma, in nuce, profondamente liberticida, che procede a piccoli passi, ma in maniera, almeno apparentemente, irreversibile.

 

 

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