Se n’è giustamente parlato tanto la scorsa settimana, a causa della clamorosa e gravissima esclusione di Pro Vita & Famiglia da alcune audizioni, ma sono anni che la Commissione Libe - che ha, appunto, censurato il portavoce della onlus, Jacopo Coghe - è protagonista di passaggi quanto meno problematici. Dunque aver escluso Coghe, ma anche il direttore de Il Tempo Tommaso Cerno e la presidente dell’associazione Giornaliste italiane Paola Ferazzoli, tutti proposti dal gruppo di Fratelli d’Italia (Ecr), è stata solo l’ultima delle azioni discutibili di questa Commissione del Parlamento Europeo.
Cosa è la Commissione LIBE
Libe è acronimo di libertà civili, la giustizia e gli affari interni e quella che prende questo nome è una commissione permanente del Parlamento europeo che, tra le altre cose, si occupa di diritti umani all'interno dell'Unione europea e di lotta alla discriminazione - escluse quelle legate al sesso, al luogo di lavoro o al mercato del lavoro. Questo formalmente; di fatto, invece, tale Commissione – composta da ben 75 membri, che la rendono una delle commissioni permanenti più numerose e influenti dell'Europarlamento - si è da tempo trasformata in una sorta di tribunale ideologico che giudica gli Stati membri sulla base di parametri sempre più sganciati dal buon senso e dal diritto naturale.
Le ingerenze della Commissione LIBE
Lo abbiamo visto quando ha ripetutamente attaccato Paesi come Polonia e Ungheria per la loro scelta di tutelare la famiglia naturale, il diritto alla vita e la sovranità sulle proprie politiche educative. Con il pretesto di promuovere i «diritti fondamentali», la Commissione Libe finisce spesso e volentieri per imporre una visione relativista, dove il diritto all’obiezione di coscienza, la libertà religiosa e persino il diritto dei genitori a educare i figli secondo i propri valori vengono trattati come ostacoli da superare, non come libertà da garantire. Non a caso, sotto la regia di questa Commissione, l’aborto è elevato a diritto intoccabile (è avvenuto nell’aprile 2024, con un componente di tale Commissione, l’eurodeputato Cyrus Engerer che aveva così commentato: «È tempo che l’Ue diventi un luogo in cui l’aborto possa essere una realtà per tutte le donne»), l’ideologia gender viene passare come premessa ad una autentica «educazione». Dobbiamo sempre alla Commissione Libe l’elaborazione di un testo che, nell’ottobre 2023, ha visto il Parlamento europeo condannare sì la maternità surrogata ma solo là dove risulta esserci «sfruttamento»; come se questa pratica non fosse già di per sé intrinsecamente criminale e lesiva della dignità della donna e del figlio. Nel 2022 la Commissione Libe si era invece occupata, ovviamente in termini per loro positivi, della proposta della Commissione europea relativa al riconoscimento transfrontaliero della genitorialità, volta a garantire che la genitorialità stabilita in uno Stato membro dell'Ue sia riconosciuta automaticamente in tutti gli altri Stati membri, indipendentemente dal modo – foss’anche il più immorale, come per esempio tramite l’utero in affitto - in cui il bambino è stato concepito o dal tipo di famiglia.
Il potere della lobby Lgbtqia+
Significativo è altresì il fatto che proprio in questa Commissione, mentre a Pro Vita & Famiglia veniva impedito di parlare, veniva nelle stesse ore approvata una revisione problematica della Direttiva europea del 13 dicembre 2011 sulla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Problematica perché determinata dall’approvazione di un emendamento, avente come primo firmatario l’europarlamentare Alessandro Zan; che recita: «Il reato è stato commesso nel contesto di una pratica di terapia di conversione». Significa, come specificato dall’esponente dem in una nota, che «per la prima volta in un testo legislativo europeo compare la definizione di "pratiche di conversione", cioè di quei trattamenti - spesso imposti a minori - che mirano a modificare l'orientamento sessuale o l'identità di genere di una persona contro la sua volontà».
Peccato che il mondo arcobaleno non guardi con simpatia, per usare un eufemismo, neppure tutte quelle persone – e sono sempre di più - che dopo aver una fase della loro vita da omosessuali o transgender decidono di tornare alla loro identità originale. Di una domanda: come mai l’autodeterminazione vale solo a senso unico? Sarebbe interessante capirlo. Ad ogni modo, Zan si è visto approvare anche un secondo emendamento che introduce un'aggravante per i reati commessi su minori per motivi di discriminazione legati all'orientamento sessuale. «In un momento storico in cui i diritti delle persone Lgbtqia+ sono sotto attacco in molti Paesi», ha commentato l’europarlamentare del Pd, «l'Europa manda un segnale forte e chiaro: stiamo dalla parte della libertà e dell'autodeterminazione». E la libertà delle famiglie di non vedersi indottrinati i figli con iniziative scolastiche gender? Quella, a quanto pare, può attendere. Per la commissione Libe non rappresenta certo una priorità.