17/12/2017

Corpo e sessualità sono “buoni” e non vanno “cosificati”

Per i cattolici, il corpo, il sesso, sono cose buone, finalizzate al bene della persona, finché la persona e il suo corpo non vengono usati, “cosificati”.

Nel celebre dipinto di Edouard Manet, Colazione sull’erba, una donna nuda è seduta su un prato, mentre due giovani, vicino a lei, conversano vestiti. Un’altra donna, seminuda, si bagna nelle vicine acque. Tutti sembrano a loro agio, come fosse stata recuperata l’originale innocenza adamitica e fosse scontato il naturale integrarsi della sessualità – libera da condizionamenti morali – nel quotidiano della vita. Simile al dipinto è la prospettiva mondana contemporanea sulla sessualità, secondo la quale questa viene ridotta alla semplice soddisfazione di un bisogno fisico.

Eppure, fin dagli esordi del pensiero e della letteratura, c’è nei vari autori la consapevolezza della natura ambigua di Eros: ha sì una componente bella e fecondante, ma anche una dolorosa e distruttiva. Presentarlo dunque come semplice risposta a un bisogno fisico è un atto menzognero: viene negata la sua componente ambigua per mostrarlo solo come risolutore di situazioni, fingendo di ignorare che è anche promotore di problemi.

Per Giovanni Paolo II: «Il fatto che la teologia comprenda anche il corpo non deve meravigliare né sorprendere nessuno che sia cosciente del mistero e della realtà dell’incarnazione; poiché il Verbo di Dio si è fatto carne, il corpo è entrato, direi, attraverso la porta principale nella teologia». Già da cardinale, Karol Woytila era stato attento al tema. In Amore e responsabilità scriveva che l’amore «non è mai una cosa bell’e fatta, semplicemente “offerta” alla donna e all’uomo: deve essere elaborato. Ecco come bisogna vederlo: in certa misura, l’amore non “è” ma “diventa” in ogni istante quel che ne fa l’apporto di ciascuna delle persone e la profondità del loro impegno».

Perché parlare di amore nell’affrontare il discorso sulla sessualità? Perché sebbene una campagna propagandistica sempre più aggressiva abbia trasformato il sesso in una sorta di “ginnastica” per far star bene l’uomo (studi sui chili persi durante l’attività sessuale, sull’effetto benefico sull’umore, etc.), in realtà, se non inserito in quel misterioso e sacro universo che è espresso dal termine “amore”, rischia di rivoltarsi come un boomerang malefico contro gli esseri umani. L’amore rettamente inteso — quindi, anche nella sua declinazione fisica — si incontra nel rapporto sponsale, in cui l’uomo e la donna si fondono. Per i cristiani diviene icona dell’amore che Cristo ha per la sua Chiesa. Occorre essere consapevoli del fatto che uomo e donna sono quell’“uomo storico” che è, per così dire, anche l’“uomo della concupiscenza”: questo però non inficia il fatto che ormai uomini e donne sono parte della storia di salvezza e il sacramento del matrimonio che li unisce diviene il segno dell’alleanza e della grazia. Corpo e sessualità, dunque, non perdono la loro componente ambigua, ma sono redenti all’interno di un’unione benedetta da Dio e diventano strumenti di nuova vita.

Proprio per questo motivo la radicale donazione dei coniugi prevede il rifiuto della contraccezione: essa non è solo chiusura alla vita, ma esprime anche una falsificazione di quella donazione, perché, con l’uso del contraccettivo, non è più veritiero sostenere che ci si dona completamente all’altro. Nella logica del dono, dunque, e all’interno del legame sponsale: così corpo e sessualità vivono la redenzione. Il corpo e la sessualità hanno lo stesso sacro valore che ha la persona. Il corpo non è una cosa “della” persona (né la persona è “solo” il suo corpo), ma la persona è corpo, anima, intelletto, volontà, un tutt’uno inscindibile e mai fruibile come un oggetto.

Claudia Cirami

Fonte: Articolo apparso su Notizie ProVita di Settembre 2015, pp. 13-14

Fonte foto in evidenza: Geometrie Fluide


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