17/02/2024 di Francesca Romana Poleggi

Chirurgia trans: gli inconvenienti della vaginoplastica

Un eminente chirurgo, Alex Laungani, durante un evento sponsorizzato dalla World Professional Association for Transgender Health (WPATH), ha spiegato  le complicazioni derivanti dalla vaginoplastica, l'operazione che mira a rimuovere i genitali maschili e creare una pseudo-vagina.
 
Tali complicanze possono essere gravi. E - a quanto affermato dal dottore - pare che in tutto il mondo si promuovono le terapie affermative rispetto al "cambiamento di sesso" e si moltiplicano le richieste di chirurgia plastica senza una adeguata formazione  e informazione da parte degli operatori sanitari coinvolti.
 
I pazienti, quindi, sono essi stessi poco informati sugli effetti e i rischi della procedura.
 
La complicazione più temuta è la perforazione del retto, registrata almeno nel 5% dei casi. Altre complicazioni sono la deiscenza della ferita (che praticamente si riapre, non si rimargina), che si registra nel 75% dei casi, la stenosi vaginale (cioè il canale creato si chiude), fistola retto-vaginale, disfunzione del pavimento pelvico e necrosi del finto clitoride.
 
Il canale vaginale viene creato tagliando col bisturi una tasca a fondo cieco in un luogo dove c'è pochissimo spazio, anche se si rimuove la prostata. Poi questa pseudo-vagina viene rivestita dal chirurgo con tessuto che proviene da altre parti del corpo: la pelle del pene, dell'addome, dello scroto o del colon. Ma in quest'ultimo caso il rischio di complicanze si moltiplica.
 
Se il paziente è un ragazzo a cui è stata bloccata la pubertà, il pene sarà sicuramente troppo piccolo per poter essere usato in tal senso. Ciò quindi comporta un aggravamento della difficoltà dell'intervento e dei rischi connessi. 
 
Laungani ha spiegato anche che entro la prima settimana dopo l’intervento chirurgico, il paziente sottoposto a vaginoplastica deve dilatare regolarmente la pseudo-vagina per impedirne la chiusura. Ha descritto la dilatazione come un processo doloroso e dispendioso in termini di tempo, che deve essere fatto fino a quattro volte al giorno: i pazienti lo chiamano "un lavoro a tempo pieno per i primi mesi". Se si chiude (il corpo considera la tasca creata dal chirurgo come una ferita e tende a cicatrizzarla), si rischiano lacerazioni e bisognerà intervenire di nuovo chirurgicamente.
 
Dopo l'operazione diversi pazienti non riescono a raggiungere l'orgasmo, ma ci sono pochi dati in materia. 
 
Alla luce di tutto ciò non sorprende il fatto che le persone con disforia di genere che compiono la "transizione" scoprano ben presto che sono stati protagonisti di un'orrenda mascherata e vadano profondamente in crisi. 
 
I più coraggiosi vanno a rimpinguare le fila dei detransitioner e intraprendono il doloroso percorso inverso per ritornare ad apparire secondo il sesso che le natura gli ha dato.
 
Gli altri vivono nel rimpianto e sovente cadono in depressione, fino a commettere suicidio: è infatti dimostrato che i tassi di suicidio tra i trans 20 volta maggiore che nel resto della popolazione.
 
 
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