29/01/2020

Che succede se si blocca la pubertà?

Ai bambini che soffrono perché pensano d’essere nati nel corpo sbagliato, in vari Paesi, i medici stanno somministrando farmaci che bloccano la pubertà, per dare poi loro modo di effettuare la cosiddetta “transizione”: la procedura, impropriamente chiamata “cambio” del sesso, per assumere le sembianze di una persona del sesso opposto.

Ma che succede se si blocca la pubertà di un bambino o di una bambina? Un articolo di LifeSite News ci fornisce alcuni elementi utili alla nostra riflessione.

Si dice che questi farmaci non provochino alcun male, perché alla loro sospensione lo sviluppo riprenderebbe il suo normale corso. Apparentemente non vi sarebbero, quindi, problemi per chi cambia idea e sceglie di non sottoporsi a interventi di “riassegnazione” del sesso.

Ma, come afferma il pediatra endocrinologo Paul Hruz, «Piuttosto che affermare che il blocco della pubertà è reversibile, ricercatori e medici dovrebbero chiedersi se lo sviluppo fisiologico e psicosociale, che si verifica durante la pubertà, può riprendere in un modo simile a come sarebbe avvenuto normalmente, dopo che i trattamenti bloccanti della pubertà vengono sospesi». Questi trattamenti, infatti, sembrano lasciare il segno.

Ad esempio, la pubertà favorisce un pieno sviluppo della densità ossea e pare che i soggetti che hanno assunto questi farmaci bloccanti della pubertà abbiano poi presentato un «drastico declino della densità ossea», con conseguente e più elevato «rischio di osteoporosi e fratture».

Durante la pubertà delle femmine, inoltre, «l'arco pubico sviluppa un angolo significativamente più ampio», per non causare problemi durante il parto. Se, però, la pubertà viene bloccata, il bacino femminile rimane quello infantile e ciò può causare, in caso di gravidanza, un “travaglio ostruito”, condizione che ostacola la fuoriuscita del bambino dal ventre materno, nonostante le contrazioni uterine, e che può provocare a lui soffocamento e morte, mentre alla madre infezioni, sanguinamento post-partum, perforazione uterina e fistola ostetrica.

Inoltre, studi dell’Università di Sunderland «hanno dimostrato che l'uso di farmaci per il blocco della pubertà può portare a deficit di memoria, tempi di reazione lenti, ridotta memoria spaziale a lungo termine, aumento dei sintomi depressivi, e un potenziale calo nel QI».

Per non parlare del fatto che dati inediti del Tavistock Gender Identity Development Service del Regno Unito, ottenuti dal professor Michael Biggs dell'Università di Oxford, avrebbero scoperto che, dopo un anno di bloccanti di pubertà, «i bambini hanno riportato un maggiore autolesionismo, e che le ragazze hanno sperimentato più problemi comportamentali ed emotivi», oltre che una maggiore insoddisfazione per il proprio corpo, tale da mostrare come i bloccanti della pubertà abbiano tutt’altro che curato la disforia di genere.

Insomma, queste informazioni a carattere medico dovrebbero bastare a farci mettere in discussione il blocco della pubertà come soluzione alla disforia di genere. Non è meglio, piuttosto, aiutare i bambini ad apprezzare il proprio corpo così com’è?

 

di Luca Scalise

 

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