10/07/2019

Campagna choc utero in affitto, Perucchietti: «Aiuterà i giovani a maturare una coscienza critica»

Giornalista e saggista controcorrente, Enrica Perucchietti ha dedicato svariati articoli e un libro al tema all’utero in affitto. Commentando favorevolmente la recentissima campagna di Pro Vita & Famiglia, la Perucchietti ha sottolineato l’urgenza di abbattere il muro di silenzio e di paura che tende a mettere in sordina il dibattito sulla cosiddetta “maternità surrogata”. Al punto che, persino se provi a difendere i più deboli, rischi di essere bollato come “omofobo” o “fascista”.

Che impatto producono e che cosa le evocano le immagini della campagna di Pro Vita & Famiglia contro l’utero in affitto?

«Sono immagini forti, che rimandano subito alla mercificazione dell’infanzia e all’idea del bambino come un prodotto da vendere o comprare. L’idea è azzeccata, perché è in atto una pressione enorme al fine di convincere l’opinione pubblica che la “maternità surrogata” o “per procura” sia un gesto d’amore. Invece essa rappresenta l’ultimo stadio della mercificazione sia della donna che del bambino».

Un bambino o un adolescente potrebbe comprendere i messaggi di Pro Vita & Famiglia?

«Quello che mi preoccupa è che è siamo immersi in un indottrinamento dei mezzi di comunicazione – musica, serie tv, cinema – spinto al punto che diventa sempre più difficile fare una controinformazione in grado di riportare ai giusti valori e alla giusta visione del mondo. È come se fossimo precipitati in un “mondo all’incontrario”, dove tutti i valori sono ormai sostituiti dai parametri della società “liquida” e “precaria”. I ragazzi potrebbero rimanere colpiti, andando verosimilmente a chiedere spiegazioni ai genitori o agli adulti, comunque la cosa importante è che quell’immagine possa gettare in loro il seme della coscienza critica che, auspicabilmente, un giorno germoglierà. L’informazione alternativa dovrebbe essere capillare, costante e a 360 gradi, tanto quanto lo è l’indottrinamento del potere, che usa i mezzi della propaganda».

Quali altri argomenti andrebbero usati per dimostrare la nocività dell’utero in affitto?

«Ritengo sia innanzitutto una forma di schiavismo moderno. L’utero in affitto è una pratica “ipercapitalista”, della quale ovviamente beneficiano soltanto i ricchi, in cui le madri surrogate sono donne povere e disperate che vi ricorrono per sopravvivere. Per contro è assolutamente evidente che nessuna donna ricca si offrirebbe mai come madre surrogata. Così, si torna indietro di secoli, l’utero della donna viene visto come un “forno”. La cosa peggiore è che il bambino, ovvero il soggetto più indifeso, che andrebbe sempre tutelato, diventa colui che subisce i contraccolpi più gravi di questa perdita di valori, venendo degradato a merce da vendere e comprare. Nel mio libro Utero in affitto, ho riportato diversi casi in cui i committenti hanno rispedito il bambino al mittente perché non soddisfaceva le aspettative, in quanto malato o deforme. Strappare un bambino alla madre surrogata, che comunque l’ha portato in grembo per nove mesi e che l’ha nutrito con le sue emozioni, trovo sia qualcosa di abominevole. Non si sottrae un cucciolo appena nato nemmeno a una cagna o a una gatta, se lo si vuole adottare, quindi perché dovremmo farlo noi umani? Non può dirsi civile una società che crede di poter vendere i bambini. C’è poi un altro rischio molto grave: l’eugenetica. Legalizzare quello che dovrebbe essere un reato universale, rischierebbe di aprire sempre di più le porte a una forma di “eugenetica da supermercato”, per cui, in un futuro prossimo, i più ricchi potrebbero decidere che tipo di figli avere, se biondi con gli occhi azzurri o con altre determinate caratteristiche genetiche, ecc.».

Oltre alle campagne come quella di Pro Vita & Famiglia, quali altre strade si potrebbero percorrere per sensibilizzare su questo tema?

«In generale, è necessaria più informazione. Proprio perché c’è molta disinformazione, moltissime persone sono erroneamente convinte che l’utero in affitto sia legale. Prendo anche atto che c’è sempre più paura di esprimersi liberamente, per timore della reazione degli altri: questo è molto grave perché, se vogliamo cambiare le cose, bisogna partire dal basso, dal quotidiano, da ognuno di noi. Non possiamo pretendere che siano altri a combattere delle “battaglie per procura”, né possiamo aspettare che uno sparuto gruppo di personaggi vada “all’arma bianca”. Bisognerebbe, al contrario, creare una massa critica ma, purtroppo, mi sembra di vedere sempre meno persone interessate, perché l’argomento non le tocca o non le riguarda nel contingente. Negli ultimi mesi sono state numerose le trasmissioni televisive in cui, anche in prima serata, veniva deprecabilmente esaltata la “maternità surrogata”, auspicandone la legalizzazione nel nostro Paese, quando, piuttosto, bisognerebbe impedire che la discussione venga spettacolarizzata o strumentalizzata. Sul piano politico mi spiace che l’argomento sia caro solamente ad alcuni settori di destra, mentre la sinistra risulta per lo più indifferente quando non favorevole (per fortuna, comunque, molte femministe si sono svegliate…). Io, al contrario, ritengo sia una di quelle tematiche che non dovrebbero avere colore politico, quindi certi partiti dovrebbero smettere di essere ostaggio delle lobby e tutti quanti dovremmo scrollarci di dosso la paura di prendere posizione. Invece siamo un po’ tutti terrorizzati dall’idea di poterci macchiare di qualche “psicoreato” o di essere minacciati. Se non prendiamo posizione oggi, domani i giochi saranno fatti».

Ritiene che il recente scandalo degli affidi a Bibbiano faccia parte dello stesso humus culturale che ha permesso la diffusione dell’utero in affitto?

«Assolutamente sì, c’è dietro la stessa ideologia perversa, “progressista”, senza alcun tipo di etica, che continua a smantellare i paletti morali della nostra società. Un’ideologia che sta invertendo tutti i parametri valoriali e che tratta i soggetti più deboli e degni di tutela, i bambini, come merci di scambio, da strappare ai genitori e da affidare ad altri, senza curarsi del dolore che ciò avrebbe provocato: persone morte di crepacuore o suicide, decine di vite totalmente distrutte. È un caso talmente diabolico e perverso che bisognerebbe parlarne tutti i giorni e con molta più enfasi. Questi fatti sono oggetto di un voluto occultamento, perché trattarne in modo approfondito, non soltanto a livello di cronaca, significherebbe scoperchiare il vaso di Pandora di un sistema criminoso, che porta avanti un certo tipo di ideologia che promuove anche il gender. Se fosse stato coinvolto il sindaco di un altro partito forse se ne sarebbe parlato molto di più. Invece alcune tematiche sono diventate un tabù: persino se ti azzardi a difendere i più deboli, rischi di essere tacciato come omofobo o fascista…».

Luca Marcolivio

 

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.