24/04/2019

Novella Esposito e lo sdoganamento dell’utero in affitto a Domenica in

È stata ospite di Domenica in, lo scorso 15 aprile, Novella Esposito, l’ex ostetrica che è stata una delle prime (precisamente il quarto caso al mondo) a ricorrere alla maternità surrogata. Siamo negli anni ’90 e Novella ha appena 23 anni quando rimane incinta di suo marito, ma perde la bambina e, per motivi di salute, le asportano l’utero.

Le viene in soccorso sua madre Regina Bianchi, all’epoca quarantacinquenne, che si offre per portare avanti la gravidanza al suo posto, tramite fecondazione artificiale. Siamo nella prima metà degli anni ’90 e, nonostante in poco meno di 20 anni sia diventato un argomento ultra affrontato e quasi sdoganato, in quel momento, invece si trattava di una novità assoluta. Dalle parole ai fatti: la fecondazione artificiale venne eseguita nella clinica di Salerno dove la stessa Novella lavorava come ostetrica. Ma dopo quattro tentativi non andati in porto, il progetto venne abbandonato: «Io e mio marito non avevamo problemi a concepire, così appena prodotti gli embrioni li hanno impiantati. Quattro volte abbiamo sperato, la gravidanza arrivava fino al terzo mese poi li perdeva sempre, nonostante la buona volontà, i bombardamenti ormonali... Così alla fine abbiamo lasciato perdere, la natura ha deciso per me, ma ho avuto la riprova di avere una famiglia forte, con legami veri, straordinari», queste le parole della donna.

Ma soprattutto questo il messaggio veicolato in un format così popolare come Domenica in, in cui l’utero in affitto viene presentato, per l’ennesima volta, come estremo gesto d’amore, indiscutibile anche quando il bambino si ritrova a essere portato in grembo e partorito dalla propria nonna, con la quale, nel frattempo, durante i 9 mesi della gravidanza, se fosse andata a buon fine, si sarebbe creato un dialogo intimo e unico. Eh sì, perché durante la gestazione esiste un rapporto materno-fetale, di tipo biochimico e psichico, di cui abbiamo più volte parlato. Come hanno affermato diversi neonatologi, tra il bambino annidato nell’utero e la madre, esiste un’interazione profonda e continua che arriva a modificare il ritmo e le abitudini di vita della gravida, poiché madre e figlio vivono in perfetta simbiosi, producendo continui cambiamenti e assestamenti l’uno nell’altra, così come il bambino, prima della nascita, è strettamente legato alle esperienze fisiche, mentali ed emotive della madre.

Pertanto, deprivare all’improvviso e deliberatamente, il piccolo, subito dopo la nascita, di questo sostrato esperienziale così importante per il suo primissimo vissuto, risulta veramente difficile intenderlo come “gesto d’amore”. Tanto meno come un gesto di generosità in cui, nella realtà dei fatti, c’è un adulto che, come in questo caso, regala un bambino come se fosse un prodotto artigianale di cui disporre liberamente, per far felice qualcun altro. E in tutta questa gara di finti “buoni sentimenti” che sta producendo una vera e propria “dittatura del buonismo” che arriva a giustificare e, anzi, di più, a esaltare le pratiche più abominevoli ricoprendole di uno strato melenso, chi ci rimette sono, come al solito, i più indifesi, i bambini che da “soggetti di diritti”, diventano, grazie a una società sempre più ipocrita e dedita al dio denaro, veri e propri “oggetti di diritti”, come nei peggiori regimi schiavisti.

Manuela Antonacci

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